Donne al vertice, numeri positivi ma in rallentamento

In seguito all’attuazione della legge 120/2011 sulle quote di genere nel 2017 il numero delle donne nei board delle società quotate ha visto un forte aumento, tanto che per la prima volta è risultato maggiore di un terzo rispetto al totale dei membri. Nel 2019 però la crescita ha subito un rallentamento, con solo due unità in più rispetto al 2018. Un bilancio comunque più che positivo, con un incremento delle donne nei Cda delle società quotate alla Borsa di Milano da 170 nel 2008, il 5,9%, alle 811, il 36,3%, di oggi. Nei collegi sindacali si è passati invece dal 13,4% del 2012 al 41,6% del 2019, con 475 sindaci donne.

Le donne che occupano le posizioni più alte sono ancora “mosche bianche”

A evidenziare i dati è il primo Rapporto Cerved-Fondazione Marisa Bellisario 2020 sulle donne ai vertici delle imprese, realizzato in collaborazione con l’Inps.

“I dati dimostrano che l’applicazione delle norme ha permesso un salto in avanti nella presenza di donne nei board delle quotate e delle controllate – commenta Andrea Mignanelli, AD di Cerved – ma purtroppo non ha ancora promosso cambiamenti profondi nel nostro sistema economico”.

Sono poche, infatti, le società quotate andate oltre il minimo imposto dagli obblighi di legge, e le donne che occupano le posizioni più alte sono ancora “mosche bianche”, 14 tra gli AD (6,3%) e 24 tra i presidenti (10,7%). Nei collegi sindacali, riporta Adnkronos, 49 solo le presidente, il 22% di tutte le società quotate.

“Le quote sono solo uno strumento per raggiungere una parità reale e sostanziale”

L’analisi indica però che le quote “non sono state sufficienti a riequilibrare la presenza di donne nelle posizioni di vertice e a più alto reddito, né a ridurre i divari salariali”. prosegue Mignanelli.

Secondo la presidente della Fondazione Marisa Bellisario, Lella Golfo la legge portata all’approvazione nel 2012 “ha prodotto risultati straordinari, tanto che il Parlamento ha deciso di reiterarla alzando l’asticella al 40%. Detto questo, è certamente il momento di andare oltre e avanti – sottolinea Lella Golfo – perché le quote sono solo uno strumento, utile certamente e necessario sicuramente, per raggiungere l’obiettivo di una parità reale e sostanziale a tutti i livelli”.

Un primato europeo da estendere anche su fronti su cui l’Italia mostra ritardi consistenti

Il Rapporto promosso con Cerved, in collaborazione con l’Inps, ha quindi il merito di indicare quali sono gli ambiti di intervento per fare in modo che il primato europeo sul fronte delle donne ai vertici, raggiunto grazie alla legge, “possa estendersi anche a fronti su cui l’Italia continua a mostrare ritardi consistenti, come l’occupazione femminile e le politiche di welfare – aggiunge Lella Golfo -. E una delle prime e più importanti evidenze è che servono più donne nei ruoli esecutivi, in grado di incidere realmente sulle politiche e sulle strategie aziendali, ma anche di creare role model e di dirigere il cambiamento verso condizioni di parità e quindi sostenibilità del sistema Italia”.