Categoria: Marketing

Ricavi dei settori regolati, -7,1% nel primo semestre 2020

Nei primi sei mesi del 2020 la flessione dei ricavi nei mercati di riferimento dell’Agcom risulta meno accentuata rispetto al quadro macroeconomico complessivo del Paese. Secondo gli approfondimenti effettuati da Agcom, che dalla scorsa primavera ha avviato un monitoraggio periodico riguardo l’impatto economico della pandemia sui comparti regolati, se il Pil italiano nel primo semestre è diminuito del 10,6% i ricavi complessivi dell’ecosistema rappresentato da comunicazioni elettroniche, radiotelevisione, editoria, internet e servizi postali sono stimati in flessione del 7,1%.

Tlc, flessione dei ricavi media del -5,7%

In particolare, nel settore delle telecomunicazioni la flessione dei ricavi, che in media è stata pari al 5,7%, è risultata relativamente più intensa per la rete fissa (-6,5%) rispetto a quella mobile (-4,7%). Nonostante i mesi estivi abbiano prodotto un’attenuazione nei consumi rispetto ai primi mesi dell’anno, nei primi nove mesi del 2020 una più intensa fruizione domestica di contenuti video in streaming, telelavoro e didattica a distanza hanno prodotto una forte crescita del traffico nella rete fissa (aumentato giornalmente del 44,4%) e in quella mobile (56,4%). Relativamente ai consumi unitari, si stima che nei primi nove mesi il traffico per linea broadband nella rete fissa abbia raggiunto i 5,77 Gb giornalieri, con una crescita del 40,2% rispetto al corrispondente valore del 2019. Nella rete mobile il traffico dati giornaliero per sim human (ovvero escludendo le M2M) è valutabile in circa 0,27 Gb giornalieri.

Comparto dei media, -10,1% nel secondo trimestre

A seguito della forte flessione delle risorse pubblicitarie, il secondo trimestre dell’anno nel comparto dei media registra risultati considerevolmente peggiori rispetto ai dati dei tre mesi precedenti (-16,8 vs -3%), ed evidenzia nel complesso una flessione del 10,1% rispetto al primo semestre del 2019.

Il settore che maggiormente soffre è quello dell’editoria quotidiana e periodica, in cui si osserva una flessione degli introiti del 19%, mentre quello radiotelevisivo scende del 10,7%, un dato assai peggiore senza l’aumento degli introiti dei contenuti in streaming. L’unico segmento a crescere è quello della pubblicità online (+1,9%), grazie principalmente ai risultati derivati dalle piattaforme (+6,7%).

Settore postale, -5,8%

Le risorse del settore postale nella prima metà dell’anno hanno subito una riduzione del 5,8%, con dati sostanzialmente equivalenti nei singoli trimestri gennaio-marzo e aprile-giugno.La ripresa registrata nel bimestre luglio-agosto, pari a +3,9% su base annua, ha consentito al settore di contenere le perdite da inizio anno al 3,6% rispetto ai primi otto mesi del 2019. Allo stesso tempo, nel periodo gennaio-agosto 2020 i volumi dei servizi di corrispondenza si sono ridotti del 22,7%, mentre il numero di pacchi consegnati è cresciuto del 27%.

Il Covid cambia il mercato beauty, meglio prodotti più sicuri che naturali

Cosa vogliono le donne da cosmetici e trattamenti di bellezza dopo la pandemia? Soprattutto sicurezza ed efficacia. Se prima dell’emergenza Covid-19 i consumatori chiedevano prodotti naturali, bio e privi di conservanti ora la scelta si orienta verso prodotti garantiti, a prova di batteri e virus, e con una scadenza certa.  Si torna quindi sui propri passi, anche a costo di utilizzare prodotti che contengono sostanze chimiche, se assicurano totale stabilità e assenza di contaminazione. I nuovi bisogni riflettono quindi l’angoscia da coronavirus, e sono stati analizzati in un focus di Mintel, l’agenzia di marketing intelligence mondiale.

Il 50% delle donne scelgie la sicurezza

“Il Covid-19 sta impattando con le scelte dei consumatori – spiega Clare Hennigan, senior beauty analist Mintel -. Sin dall’inizio dell’emergenza, alla richiesta di prodotti clean, cioè privi di ingredienti ritenuti tossici per la salute si è affiancato il bisogno di scegliere prodotti sicuri, trasparenti, anche nelle pratiche di approvvigionamento e di fabbricazione. Adesso – continua Hennigan – circa il 50% delle donne concordano sul fatto che sia divenuto importante l’aspetto della sicurezza. Prima di Covid-19, i consumatori ‘clean’ evitavano ingredienti come conservanti e ingredienti artificiali nei loro prodotti di bellezza, a causa dei rischi per la salute percepiti. Ora sono disposti ad accettarli, purché i marchi forniscano prove di efficacia e sicurezza, sia dal punto di vista della salute sia dell’ambiente”.

Allarme contaminazione: il “naturale” non è sempre migliore

D’altronde, i continui allarmi sulla contaminazione dei prodotti di bellezza sono precedenti al coronarvirus. Come quello lanciato da Forbes nel dicembre scorso, e riferito a un’indagine eseguita dall’Università di Aston. In pratica, su 500 prodotti analizzati fra rossetti, eyeliner, mascara, gloss per labbra e applicatori da trucco, dal 79% al 90% risultavano contaminati da batteri e funghi. E nonostante le contaminazioni dipendessero soprattutto dalla scarsa igiene nell’applicarli l’allarme ha fatto salire il livello di attenzione. L’arrivo del nuovo coronavirus ha rinforzato tali paure, e secondo il focus di Mintel convincerà definitivamente le donne che il “naturale” non è sempre migliore.

Più ingredienti sintetici e niente acqua nelle formule

Più di un adulto su 10, inoltre, concorda sul fatto che i cosmetici scadano troppo rapidamente. Il futuro delle formulazioni di ingredienti puliti si baserà perciò su ingredienti sintetici sicuri, che possano migliorare la durata di conservazione, riporta Ansa. Aumentano anche i prodotti beauty senza acqua nelle formule, per ridurre a zero la contaminazione dovuta anche a errori di utilizzo, e a sprechi ambientali.

Nascono così nuovi prodotti in polvere, da miscelare con acqua al momento dell’utilizzo.

“Avremo creme in spray o in stick anche per lo skincare del viso – continua Hennigan -. E vedremo più prodotti ‘touchless’ sugli scaffali dei supermercati e in vendita sulle piattaforme online”.

I social come strumento di business? O no?

Inauguriamo il nostro nuovo blog parlando di un argomento sicuramente stra-inflazionato, ma probabilmente non ancora chiaro a molte aziende e professionisti che, puntando sulla popolarità di piattaforma quali Instagram (che ha ormai superato tutti), Facebook o Twitter, pensano di poter acquisire centinaia di nuovi clienti semplicemente postando i propri prodotti.

Cominciamo con il dire che la gente sui social “cazzeggia”: eufemismo particolarmente azzeccato per rappresentare ciò che realmente le persone fanno sui social network: perdono tempo, o meglio passano il tempo, in modo spensierato, cercando spunti e argomenti ironici, curiosità o notizie di loro interesse. Ma sicuramente sono poco propensi a spendere dei soldi, o a essere tartassati da annunci pubblicitari. Una bella immagine su Instagram, o una breve citazione d’impatto su Facebook, possono servire a far ricordare che li ha postate, non certo a far acquistare un prodotto…

Ok quindi ai post di coinvolgimento, che provochino condivisioni, like e commenti, che in qualche modo facciano parlare del post stesso e, a lungo andare, di chi lo ha pubblicato: no invece a messaggi marchettari che chiedono subito all’utente un’azione specifica. Non chiediamo niente a chi ci legge, lasciamo che siano loro a decidere spontaneamente. Quello che in molti chiamano “inbound marketing” è proprio questo: forse serviranno mesi di post ben scritti, ideati e creativi, ma ad un certo punto è possibile che il nostro nome suoni più “familiare” nel momento in cui l’utente dovrà, per necessità, effettuare l’acquisto di uno dei nostri prodotti.

In altre parole, social media marketing = brand awareness… In termini tecnici, nel web marketing la brand awareness è la reputazione del nostro marchio, l’autorità, la riconoscibilità e, quindi, la popolarità. Incrementare tale consapevolezza è indispensabile nel lungo termine, ed è un’attività ben diversa dalla ricerca della conversione, che rappresenta invece il contatto o l’acquisto nel caso di un e-commerce.

Dimenticate Facebook o Instagram come canale di vendita, vivetelo e sfruttatelo invece per far conoscere il vostro nome senza chiedere nulla in cambio, stimolando invece l’utente ad informarvi su di voi e a diffondere il vostro marchio: ecco il modo di utilizzare con successo i social network, lasciando a Google o ad altri canali di marketing il compito di intercettare i potenziali clienti e convincerli ad acquistare da voi.