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Maturità e Università: i 5 peggiori consigli dei boomer agli studenti

Secondo un’analisi realizzata dall’app thefaculty, a gennaio 2024 il 71% degli studenti italiani è ancora molto indeciso sul proprio futuro. Le motivazioni principali dell’indecisione risultano collegate a uno scarso contatto tra scuola e mondo del lavoro, alle troppe opzioni disponibili, che creano negli studenti un costante timore di non riuscire a consultarle, e alle pressioni provenienti dalla famiglia e dall’esterno.

L’app thefaculty ha quindi stilato un elenco delle 5 peggiori frasi da dire a chi sta scegliendo la strada da prendere una volta concluse le superiori. Una mini-guida pensata per chi ha fratelli, amici, parenti che stanno vivendo questa delicata fase della vita.

I 5 peggiori consigli dei boomer

‘Se ti iscrivi a quell’università, avrai il posto in azienda assicurato’: nonostante sia una delle credenze più comuni, scegliere l’università pensando già a quale lavoro porterà è sbagliato e poco utile.
Soprattutto in questo periodo storico, dove il mondo del lavoro è in continua evoluzione, con nuove figure professionali che nascono e altre che si rinnovano, diventa quasi impossibile sapere oggi quale lavoro si andrà a fare tra qualche anno.

‘Aaah.. vorresti fare “x facoltà”? Ti piace la vita da disoccupato?’: se dovessimo contare tutte le persone che hanno studiato all’università una cosa e nella vita hanno fatto tutt’altro, risulterebbe una ricerca infinita. Piuttosto, qualsiasi scelta (universitaria o no) non sarà mai definitiva e si è sempre in tempo per cambiarla o modificarla.

“Se sceglierai questa università, dovrai trovare qualcuno che ti mantenga”

Si sa, università non è sinonimo di risparmio. Soprattutto se il corso che interessa si trova lontano da casa. Non tutte le famiglie hanno le stesse disponibilità economiche e la scelta di iscriversi all’università ricade un po’ su tutti i membri. Nonostante questo, non è giusto tarpare le ali se l’interesse di proseguire gli studi c’è. Piuttosto che dire ‘trova qualcuno che ti mantenga’, il consiglio di chiedere agli studenti ‘cosa ti riesce bene? Ci sono attività che non ti pesano e consideri più piacevoli di altre?’ e valutare in base alle risposte potenziali lavoretti da svolgere nel tempo libero dallo studio.

“Questa facoltà è troppo impegnativa per te. Perché non ne scegli una più semplice?”

Questo tipo di commento è da evitare come la peste, perché non fa altro che generare preoccupazioni e dubbi immotivati. Come scrive Ansa, gli studenti hanno bisogno di stimoli, non di essere scoraggiati.

Un altro commento deleterio è: ‘L’università è inutile, noi alla tua età avevamo già un lavoro’.
Dare consigli basandosi solo sulla propria esperienza, è la cosa peggiore da fare. ‘Esserci già passati’ non dovrebbe dare il permesso di suggerire interpretazioni drastiche, come ad esempio l’utilità o meno dell’università.
Il consiglio migliore da dare agli studenti ancora indecisi è ‘seguite le vostre passioni’ e non le scelte altrui. Più le scelte sono personali, più daranno soddisfazioni a lungo termine.

Affitti: un mercato bloccato da abitazioni inutilizzate e dubbi dei proprietari

Emerge dalla prima edizione dell’Osservatorio Affitti 2023, condotto da Nomisma per conto di CRIF e in collaborazione con Confabitare: considerando che in Italia il 57% delle abitazioni è di proprietà e utilizzato come prima abitazione e un altro 11% rimane non utilizzato o non concesso in locazione, il mercato degli affitti non è tanto saturo quanto bloccato. Questo, nonostante le oltre 700.000 richieste di locazione del 2023.

Di fatto l’Italia presenta una sostanziale scarsità di offerta, che unita all’aumento generale dei prezzi degli ultimi due anni ha determinato un aumento dei canoni di locazione del +2,1%. Inoltre, l’accresciuta dimensione del mercato degli affitti brevi rende sempre più difficile l’individuazione di soluzioni abitative in locazione a medio-lungo termine.

Il 40% dei locatori ha avuto esperienze negative

Arriva al 30% la quota dei proprietari non disposti a concedere in locazione le proprie abitazioni. Quota che scende al 15% per chi dichiara di possedere 3 o più abitazioni oltre quella di residenza.
Escludendo chi non ha mai concesso in locazione immobili di proprietà, vi è poi un’ulteriore quota (circa il 10%) che dichiara di aver affittato in passato una o più abitazioni di proprietà, ma di non averne più intenzione.

Fra questi quasi il 40% ha avuto esperienze negative (sfratti, ingiunzioni di pagamento, mancati pagamenti) che li ha fatti desistere.
Ciononostante, attualmente la metà dei proprietari di immobili ‘extra’ oltre a quello di residenza o vacanza ha in locazione almeno un’abitazione, e un ulteriore 30% è pronto a concederla in locazione nel futuro prossimo.

Morosità e ritardi nel pagamento i problemi più diffusi

Stabilità contrattuale o tipologia di lavoro in generale e assenza di pendenze di pagamento sono le caratteristiche considerate più importanti dai locatori.
La morosità e i ritardi nel pagamento dell’affitto sono problemi diffusi, con quasi 1/3 dei locatori che ha subìto fenomeni di morosità e il 13% degli affittuari che dichiara di aver saltato almeno un pagamento.
Stessa dinamica anche rispetto a ritardi nel pagamento dell’affitto.

Nonostante le difficoltà, circa il 50% dei locatori preferisce attendere prima di intraprendere azioni legali per la morosità, facendo emergere il profilo di un ‘proprietario tollerante’.
La percentuale di chi decide di procedere per vie legali aumenta però con il numero di abitazioni possedute.

Arriva il servizio ad hoc

Per ridurre le attuali criticità nel mercato degli affitti, l’asimmetria informativa tra locatori e locatari rappresenta una sfida significativa.
Per affrontare questa disparità, CRIF ha introdotto il servizio ‘Affittabile’, che permette all’inquilino di qualificarsi di fronte al proprietario di casa attraverso un documento che da un lato attesta il livello di affidabilità del soggetto nel rispettare gli impegni di pagamento, dall’altro identifica il canone medio mensile sostenibile.

L’interesse per questo servizio è elevato sia tra i locatori (80%), sia tra i locatari (41%), indicando una crescente consapevolezza dell’importanza della trasparenza e della fiducia nel mercato della locazione.

Teenager italiani educati digitalmente: conoscono opportunità e rischi dell’IA

I giovani, come è giusto che sia, sono sempre attratti dalle novità, specie quelle tecnologiche. E, in questo contesto, l’Intelligenza Artificiale non fa eccezione: i ragazzi sono costantemente alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Ma sono consapevoli delle opportunità e delle potenziali insidie della tecnologia? A questa domanda risponde la ricerca “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro, presentata in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo volto a sensibilizzare sull’uso consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Oltre il 70% dei giovanissimi ha un’opinione positiva sull’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare dell’Intelligenza Artificiale e ne conosce la definizione. Di questi, il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona sul tema. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’AI, tanto da sentirsi pronto a consigliarne l’utilizzo ad amici e parenti (24%). Per il 13%, l’intelligenza artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi della vita quotidiana e ricevere supporto nelle difficoltà emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

Anche se i ragazzi sono tutti fruitori di servizi web, molti di loro non nascondono qualche preoccupazione legata all’utilizzo della rete. Il 31% vede tra i maggiori rischi dell’IA il possibile furto d’identità, mentre il 28% si preoccupa per la privacy e la scarsa sicurezza dei propri dati personali. Altri pericoli evidenziati dagli intervistati includono la scarsa protezione da situazioni dannose e violente (21%), il timore che le immagini generate dall’AI possano danneggiare la reputazione (21%), la possibilità di entrare in contatto con contenuti inappropriati (20%). C’è anche un 10% del campione che si dice preoccupato per la creazione di immagini pedopornografiche.

Chatbot sì o no?

Tra i ragazzi, è già ampiamente diffuso l’uso dei chatbot, in particolare ChatGPT. L’80% degli intervistati conosce ChatGPT, il 6% lo utilizza tutti i giorni e il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo dei chatbot sia la facilità d’uso e l’accessibilità a tutti, mentre il 42% pensa che ChatGPT possa stimolare nuove idee e il 21% ritiene che possa aiutare la fantasia.

Gli aspetti negativi includono invece la difficoltà nel garantire una fonte attendibile (34%) e il rischio che l’utilizzo renda più pigri (51%). Per concludere, le nuove generazioni sono sì favorevoli alle nuove tecnologie ma allo stesso tempo rimangono vigili riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici.

Social, pericolo dipendenza per i giovanissimi: quali sono i rischi?

Sono i giovanissimi tra i 18 e i 23 anni i più esposti all’eccessivo e incontrollabile bisogno di accedere ai social media. Lo mette in luce una ricerca condotta da Demoskopika, che evidenzia una crescente preoccupazione riguardo alla dipendenza dai social tra gli under 35 italiani. Con oltre 1,1 milioni di ragazzi a rischio di dipendenza, la fascia più vulnerabile sembra essere quella dei 18-23 anni, con il 38% esposto a comportamenti problematici.

L’utilizzo eccessivo dei social media, la difficoltà a smettere e i sintomi di tipo ansioso sono tra i segnali allarmanti individuati dalla Bergen Social Media Addiction Scale.

Più si abbassa l’età, più cresce il pericolo

L’analisi rivela un’associazione inversamente proporzionale tra l’età e il rischio di dipendenza, e indica un aumento dei fattori comportamentali preoccupanti con la diminuzione dell’età. I giovani tra 24 e 29 anni rappresentano il 34,5% del totale a rischio. Seguono gli under 35 “più adulti” con il 30-35%, un numero che corrisponde a poco più di  308 mila individui esposti.

Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, sottolinea la necessità di un’attenzione maggiore da parte della politica e suggerisce una campagna di comunicazione della Presidenza del Consiglio per rafforzare la cultura digitale e sensibilizzare sulle criticità legate all’uso eccessivo dei social media.

Vince il mondo digitale su quello reale

Gli under 35 sembrano preferire l’interazione online rispetto a quella offline, con l’85,7% del campione che utilizza i social media rispetto al 36,6% che trascorre del tempo con gli amici. Instagram è il social più utilizzato, con l’83,1% delle preferenze, seguito da Facebook al 72,5%. Tuttavia, l’analisi rivela che il 10,3% dei giovani è a rischio di dipendenza elevata, mentre il 15,6% mostra una propensione al pericolo di dipendenza. Fortunatamente, il 74,1% si colloca nell’area a “basso rischio”.

Un fenomeno diffuso uniformemente a livello nazionale

La dipendenza dai social media sembra diffusa in modo omogeneo nelle diverse regioni italiane, ma la Sicilia, la Campania e l’Umbria presentano la maggiore incidenza, con rispettivamente 106,8 mila, 131,4 mila e 16,5 mila giovani a rischio. Alcune regioni superano il 10% di giovani a rischio, come il Lazio, la Toscana, l’Abruzzo, alle quali si aggiungono altre dieci regioni.

Per concludere

In conclusione, la ricerca sottolinea l’importanza di affrontare il problema della dipendenza dai social media tra i giovani italiani, evidenziando la necessità di un intervento preventivo e di sensibilizzazione.

Natale 2023: aumenta la spesa degli italiani per le feste

Dopo un anno di alti e bassi per i consumi, il mese di dicembre dovrebbe chiudersi con il segno più. La spesa degli italiani per le feste è in crescita, anche se l’inflazione gonfia i budget.
Secondo una ricerca di Ipsos e Confesercenti per i regali di Natale 2023 gli italiani progettano di spendere 223 euro, il 13% in più rispetto allo scorso anno.

A dare la spinta è anche l’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione l’incremento di spesa si riduce al +6%.
Complessivamente, nel 2023 si prevede un aumento del +1,2%, a cui però dovrebbe seguire una frenata pari allo 0,8% nel 2024.

Nella top ten abbigliamento, profumi e libri 

Gli italiani che dichiarano di voler contenere la spesa per i regali natalizi sono il 43%, una quota in diminuzione rispetto al 47% dello scorso anno, ma ancora rilevante.

Nella top ten delle intenzioni di acquisto per i regali di questo Natale 2023 spiccano i capi d’abbigliamento (51%), seguiti da prodotti di profumeria (45%) e libri (44%). Ma anche giochi e giocattoli (38%), accessori di moda (33%), regali gastronomici (29%), prodotti tecnologici e regali di gioielleria, entrambi al 24%. E ancora, arredamento e prodotti per la casa, calzature e videogiochi, tutti al 20%.
Il 10% degli italiani, invece, segnala l’intenzione di regalare un viaggio o una vacanza, un dato in ascesa rispetto al 7% del 2022.

Il ruolo centrale dei negozi fisici 

Sempre secondo l’indagine Ipsos condotta per Confesercenti, il retail fisico continua ad avere un ruolo centrale negli acquisti di Natale, ma per il 44% deli italiani le piattaforme sono diventate ormai indispensabili.

Crescono poi le indicazioni per i negozi monomarca delle grandi catene retail (33%, era il 29% nel 2022), ma anche per i negozi all’interno dei centri commerciali, che quest’anno raccolgono il 52% delle preferenze contro il 46% del Natale 2022.
In lieve flessione il canale dei supermercati e ipermercati, che scende al 24% delle indicazioni, e le attività di vicinato (20%).

L’e-commerce è il canale più utilizzato

A sorpresa, si assiste a una crescita della preferenza per i negozi di quartiere da parte dei giovani con età compresa tra 18 e 34 anni. La quota passa infatti dal 20% del 2022 al 22% di quest’anno.
Il 14% dei ragazzi, invece, si rivolgerà a un mercatino per comprare almeno uno dei regali da mettere sotto l’albero.

È però l’e-commerce il canale d’acquisto che incontra la preferenza tra il maggior numero di persone. In particolare, è in crescita la vendita diretta via web, con la quota di chi acquisterà online direttamente dal sito del produttore che sale dal 21% al 23%.
Si consolida poi la prevalenza delle grandi piattaforme di e-commerce, alle quali intende rivolgersi il 68% degli intervistati (63% nel 2022). 

Maternità e carriera, perchè in Italia è ancora così difficile?

L’ultima indagine condotta dall’Ispettorato del Lavoro (INL), in collaborazione con l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), ha rivelato un notevole aumento delle dimissioni volontarie tra le madri lavoratrici in Italia. Secondo il rapporto, ben 44.699 madri hanno scelto di abbandonare il proprio impiego, un dato significativamente superiore ai 16.692 padri che hanno preso una decisione simile. Ciò significa che gli ostacoli nel conciliare vita privata e vita lavorativa sono decisamente superiori per le donne che vogliono avere una famiglia.

Le dimissioni riguardano soprattutto impiegati e operai

Questo trend emerge chiaramente nell’analisi delle dimissioni verificatesi nei primi tre anni di vita dei figli. Il documento sottolinea una crescente difficoltà per le donne nel conciliare le responsabilità professionali con quelle familiari. Tra le categorie professionali più coinvolte, spiccano gli impiegati (30.299) e gli operai (26.471), con il 65,8% delle dimissioni che riguardano lavoratori a tempo pieno. 

Passaggio a un’altra azienda e problematiche familiari alla base delle dimissioni

Le ragioni alla base di tali decisioni sono molteplici: il 37,5% delle dimissioni è dovuto al passaggio presso un’altra azienda, mentre il 32,2% è attribuibile alle sfide nella gestione del lavoro e delle cure dei figli. In particolare, la difficoltà nel trovare un equilibrio tra le esigenze professionali e familiari emerge come la causa principale, rappresentando il 49,8% delle motivazioni totali. Ma la situazione è molo diversa a seconda del genere.

Le motivazioni dell’addio al lavoro sono diverse fra uomini e donne

Il rapporto mette in luce anche un evidente divario di genere nelle motivazioni delle dimissioni. Le lavoratrici madri tendono a dimettersi principalmente a causa delle difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, spesso aggravate dalla mancanza di servizi adeguati e da problematiche organizzative sul luogo di lavoro. Al contrario, per i padri, le ragioni principali sono più strettamente legate a questioni professionali.

Conciliare vita professionale e familiare

Questi dati pongono in evidenza l’urgente necessità di affrontare la questione della conciliazione tra vita professionale e familiare, in particolare per le lavoratrici madri, sottolineando l’importanza di politiche di supporto più efficaci e di un rinnovato impegno nel promuovere un ambiente lavorativo equilibrato e inclusivo. A oggi, le condizioni purtroppo non ci sono: i numeri parlano chiaro.

Mobilità precaria: come si spostano gli italiani?

La situazione di precarietà nella mobilità fotografata dall’Osservatorio Stili Mobilità, realizzato da Ipsos e Legambiente in collaborazione con Unrae, affonda le radici nell’assenza di alternative all’uso dell’auto privata per raggiungere servizi essenziali, come strutture scolastiche e mediche.
Oltre alla carenza di trasporti pubblici, o con orari poco convenienti, e l’assenza di servizi di sharing, incidono anche le condizioni economiche delle famiglie.

Le città più colpite da una condizione di precarietà nella mobilità sono Napoli, con il 34% dei cittadini che non sempre riesce a spostarsi, e Roma (33%).
A metà strada si trova Torino (28%), mentre a Milano e Bologna, con un’elevata offerta di mobilità sostenibile ed elettrica, il livello di precarietà si attesta intorno al 20-21%.

Quanto e come si muovono gli italiani?

Ogni settimana gli italiani trascorrono in media sei ore in viaggio. Il 64% dei viaggi si svolge a bordo di auto e moto di proprietà, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Aumenta invece l’uso medio dei mezzi pubblici e dell’auto elettrica (privata o a noleggio), passato dall’11% al 13%.

Rimangono stabili gli spostamenti sostenibili (a piedi, in bici o in monopattino elettrico), che ammontano al 22% del tempo di viaggio, mentre diminuiscono del 10% circa gli spostamenti nei giorni festivi, i primi a essere sacrificati da chi fatica ad arrivare alla fine del mese.
La mobilità sostenibile prevale a Bologna (49%) e Milano (48%), mentre il 40% e il 45% avviene in auto e moto a combustione. Percentuali più alte si registrano a Torino (51%), Roma (54%) e Napoli (55%).

La mobility poverty

Le difficoltà nello spostamento spingono gli italiani a rinunciare a opportunità di lavoro (28%), uscite di piacere (25%), visite medica (19%), studio (17%).
Tra i vari tipi di precarietà, il dato che preoccupa maggiormente riguarda il 7% delle persone in condizione di estrema mobility poverty: non hanno mezzi pubblici o in condivisione di prossimità, né la possibilità di acquistare un’auto.

Si trovano in condizioni di precarietà, pur meno estreme, gli intervistati che denunciano un elevato costo del carburante rispetto al reddito (9%), che lamentano l’assenza di alternative all’auto privata e/o l’impossibilità di cambiare il mezzo obsoleto (8%), o che evidenziano elevati costi dovuti alla necessità di percorrere in auto lunghe percorrenze quotidiane (8%).

La mobilità elettrica

Circa il 50% degli italiani desidera acquistare un’auto nuova, di cui il 47% preferisce veicoli tradizionali, il 14% auto elettriche, l’11% ibride ricaricabili (plug-in), il 29% ibride.
Le principali motivazioni chi sceglie veicoli a combustione interna riguardano costi più convenienti (29%), maggiore autonomia (28%), paura di non trovare stazioni di ricarica rapide (24%) e migliori prestazioni (maggiore potenza e accelerazione, 15%). 

Chi preferisce veicoli elettrici è motivato principalmente dalla riduzione dell’impatto ambientale (32%), soprattutto a Bologna (45%) e Napoli (41%).
A seguire, costi operativi inferiori 20%, tecnologie innovative (14%), incentivi fiscali e/o agevolazioni per l’acquisto (13%), timore di non poter circolare ovunque liberamente con le auto tradizionali nel futuro (12%), migliori prestazioni (7%).

Cybersecurity: nel 2023 crescono gli attacchi ai gamer

Nel 2023 la community globale del gaming rappresenta quasi il 40% della popolazione mondiale, oltre tre miliardi di giocatori.
Per questo motivo è diventata un obiettivo allettante per i criminali informatici, che sfruttano questo enorme bacino di utenti per poter accedere, e sottrarre, dati personali e finanziari. I criminali sfruttano infatti gli account gaming per rubare asset di gioco e valuta virtuale, per poi vendere gli account compromessi spesso con valore reale.

Dal 1° luglio 2022 al 1° luglio 2023 Kaspersky ha documentato 436.786 tentativi di violazione di dispositivi mobili, con un impatto su 84.539 utenti. Gli incidenti, invece, hanno interessato 192.456 utenti in tutto il mondo.

File classificati come ‘not-a-virus’ ma in realtà dannosi

In particolare, sono 4.076.530 i tentativi di scaricare 30.684 file unici, ‘travestiti’ dai criminali da giochi popolari, mod, cheat e altri software legati al gaming.
Si tratta di file classificati principalmente come software indesiderati, spesso etichettati come ‘not-a-virus’, come downloader (89,7%), adware (5,25%) e trojan (2,39%).

Il software dannoso e indesiderato spesso si nasconde sotto forma di giochi popolari, diffusi attraverso siti web di terze parti che offrono versioni pirata. Queste pagine ingannevoli mostrano in genere numeri di download inflazionati, inducendo potenzialmente gli utenti a un falso senso di sicurezza.
Tuttavia, cliccando sul pulsante di download si ottiene un archivio che può contenere elementi dannosi o non correlati, che si discostano dal contenuto promesso.

Minecraft è il bersaglio più colpito

Ed è Minecraft il bersaglio preferito dai criminali informatici, responsabile del 70,29% di tutti gli alert.
Nel periodo considerato, le minacce che hanno usato Minecraft come esca hanno colpito 130.619 giocatori in tutto il mondo. Al secondo Roblox, che ha contribuito al 20,37% di tutti gli avvisi e ha colpito 30.367 utenti.Counter-Strike: Global Offensive (4,78%), PUBG (2,85%), Hogwarts Legacy (0,60%), DOTA 2 (0,45%) e League of Legends (0,31%) sono anch’essi tra i principali giochi oggetto di minacce informatiche.

Attenti al trojan SpyNote

Una scoperta degna di nota riguarda la comparsa di SpyNote. Si tratta di un trojan spia distribuito tra gli utenti di Roblox, che offre diverse funzionalità di spionaggio, tra cui keylogging, registrazione dello schermo, streaming video dalle fotocamere del telefono e la capacità di impersonare le applicazioni di Google e Facebook per indurre gli utenti a divulgare le loro password.

Ma continuano a rappresentare una minaccia significativa per i gamer anche il phishing e le pagine di distribuzione contraffatte.
“L’incessante ricerca di dati personali ha portato a un notevole aumento degli attacchi ransomware anche ai gamer professionisti, che hanno bisogno di giocare senza interruzioni – spiega Vasily Kolesnikov, Cybersecurity Expert di Kaspersky -. Questo sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza della sicurezza informatica all’interno della community dei gamer”.

Mercato Travel in recupero: grazie all’e-commerce superati valori del 2019 

Lo confermano i dati dell’Osservatorio Travel Innovation della School of Management del Politecnico di Milano: il settore dei Viaggi e del Turismo in Italia conferma e accentua la ripresa del 2022. E quest’anno torna a segnare una crescita sul valore assoluto registrato nel 2019, l’ultimo anno prima delle limitazioni agli spostamenti a causa della pandemia.

I dati sono stati presentati durante l’evento annuale dedicato al settore turistico TTG Travel Experience.
Secondo l’Osservatorio a trainare la crescita è ancora l’e-commerce, che raggiunge 16,9 miliardi di euro nel settore trasporti, il 71% della spesa complessiva, e 19,4 miliardi in quello dell’ospitalità, il 54% del totale.

Trasporti a 23,7 miliardi

Nel 2023 il comparto dei trasporti tra online e offline nelle tre componenti incoming, domestica e outgoing vale complessivamente 23,7 miliardi di euro, +41% sul 2022 e +9% sul 2019.
Anche quest’anno l’e-commerce gioca un ruolo primario, crescendo più velocemente del mercato totale (+50% vs 2022 i soli acquisti online) per un totale di 16,9 miliardi.

Se nel 2019 l’incidenza degli acquisti online di comparto era del 55% sul totale, nel 2023 oltre 7 euro spesi su 10 (71%) derivano dal canale digitale. In pratica, gli utenti digitali sono molto più propensi a prenotare attraverso canali diretti che indiretti.

Ricettivo: raggiunta quota 35,8 miliardi

Anche il settore Ricettivo, inteso come somma di alberghiero e extra-alberghiero, è in forte recupero.
Considerando sia i flussi incoming sia quelli domestici nel 2023 il settore raggiunge quota 35,8 miliardi (+11% rispetto al 2022), superando del 7% il livello del 2019, quando il totale del comparto (offline più online) valeva 33,4 miliardi di euro.

In questo contesto l’e-commerce raggiunge 19,4 miliardi di euro (2,9 miliardi in più rispetto al 2022) e continua a crescere a tassi più alti rispetto al totale del mercato, soprattutto nella componente diretta, rappresentando nel complesso il 54% del comparto a valore.

Dati incoraggianti, ma in parte pesa l’incremento dei prezzi

Anche il turismo organizzato conferma la ripresa, sebbene i valori del tour operating (crociere escluse) siano ancora leggermente inferiori al 2019 (-2%).
Le agenzie di viaggio che sono riuscite a superare il periodo pandemico, invece, registrano per il 2023 un +2% del transato rispetto al 2019.

“I dati incoraggianti che possiamo osservare oggi, sebbene risultino in parte drogati da un incremento dei prezzi, soprattutto dei vettori a lungo raggio, derivano dal recupero del turismo incoming e outgoing, oltre che da una parziale ripresa dei viaggi d’affari – commenta Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio Travel Innovation -. Il canale digitale si dimostra, ancora una volta, un elemento portante, e preferito sia dai viaggiatori sia dagli operatori. Questi ultimi dimostrano anche una decisa sensibilità verso le tematiche sociali e ambientali, che stanno ridefinendo i modelli di business all’insegna della cosiddetta twin transition, dove verde e digitale vanno a braccetto”. 

Smart Home: la spesa per i dispositivi continua a crescere

Nella prima metà del 2023, nonostante il rallentamento della Tecnologia di Consumo, in Italia crescono le vendite a valore dei prodotti smart.
In particolare, secondo i dati GfK, quelle dei Grandi Elettrodomestici connessi (piani cottura, forni, frigoriferi, lavastoviglie, asciugatrici, lavatrici), che segnano un +19,2% rispetto allo stesso periodo del 2022, e dei dispositivi per l’Automazione e la Sicurezza (Lampade led, termostati, visual camera, watertimer, prodotti per il riscaldamento elettrico), che registrano un +12,3%.

Cresce però anche il comparto che include Piccoli Elettrodomestici smart e dispositivi connessi per la Salute e il Benessere (+5,1%), che include prodotti per la preparazione del cibo, misuratori di pressione, friggitrici, prodotti per l’igiene orale, macchine da caffè, pesapersone, aspirapolveri e dispositivi per il trattamento dell’aria.

Boom per lavatrici, condizionatori, asciugatrici intelligenti

In controtendenza lo Smart Entertainment (amplificatori, sistemi audio-video, decoder e video player, ma non le Smart TV) che nel periodo registra un calo delle vendite a valore del -4,6%.

Ma se per alcuni prodotti le caratteristiche di connettività sono ormai particolarmente importanti, tra quelli che hanno visto incrementare maggiormente la quota di modelli smart sul totale delle vendite ci sono le Lavatrici smart. 
Da un peso del 2,5% del totale dei prodotti venduti nei primi sei mesi del 2019 sono passate al 25,4% nello stesso periodo del 2023.
Anche i Condizionatori e le Asciugatrici hanno visto crescere in maniera significativa l’importanza dei prodotti smart, arrivati coprire rispettivamente il 32% e il 43,5% del fatturato.

Digitalizzazione e centralità della casa

Il successo dei dispositivi connessi è un fenomeno che dura ormai da qualche anno. La pandemia da COVID-19 ha portato da un lato a un’accelerazione della digitalizzazione dei consumatori e dall’altro a una riscoperta della centralità della casa.

Due tendenze che hanno portato a un potenziamento della dotazione tecnologica delle abitazioni, diventate sempre più connesse ed efficienti.
Questo trend emerge chiaramente se si confrontano le vendite dei primi sei mesi del 2023 con quelle registrate nello stesso periodo del 2019. La crescita del comparto Smart Home in questo lasso di tempo è del +84,5%.

Risparmio energetico e comodità 

Più di recente, due fenomeni che hanno trainato il successo della Smart Home sono stati la crescente ricerca da parte dei consumatori di soluzioni in grado di semplificare la vita, e l’attenzione al risparmio energetico. 
Se il 41% dei consumatori a livello mondiale è disposto a pagare un prezzo più alto per prodotti che semplificano la vita, l’incremento dei costi dell’energia degli ultimi anni ha portato sempre più persone a cercare soluzioni per contenere i consumi.
In questo senso, il controllo intelligente e da remoto di apparecchi e impianti connessi può aiutare a ottimizzare il proprio consumo energetico.