Autore: Alessio Raimondi

Deepfake e disinformazione: su X aumenta del 130% al mese 

Sono alcuni dati emersi da uno studio pubblicato dal Center for Countering Digital Hate (CCDH), l’organizzazione no-profit britannica impegnata nella lotta all’incitamento all’odio e alla violenza online: nell’ultimo anno su X (ex Twitter) il volume della disinformazione generata dall’Intelligenza artificiale è aumentato in media del 130% al mese.

Si tratta, in particolare, di immagini deepfake relative alle elezioni americane. Le ultime foto false riguardano Donald Trump insieme ad afroamericani.
Il dato del 130% su X è scaturito dal numero dei commenti delle Community Notes della piattaforma, lo strumento grazie al quale gli utenti fanno osservazioni su post falsi e fuorvianti.

Quattro generatori di immagini sotto esame: Midjourney, DALL-E 3, DreamStudio, Image Creator

Per misurare l’aumento del fenomeno lo studio ha esaminato i quattro generatori di immagini più popolari, Midjourney, DALL-E 3 di OpenAI, DreamStudio di Stability AI o Image Creator di Microsoft.

Tutte le aziende prese in esame, tra l’altro, hanno dichiarato ‘nero su bianco’ la volontà di attuare politiche contro la creazione di contenuti fuorvianti, e hanno aderito a un accordo tra i big della tecnologia per impedire che contenuti ingannevoli generati dalla AI interferiscano con le elezioni del 2024.

ChatGpt Plus e Image Creator hanno bloccato tutte le richieste fuorvianti

 ricercatori hanno affermato che gli strumenti di Intelligenza artificiale hanno generato immagini nel 41% dei test effettuati. I test riguardavano la generazione di immagini più suscettibili alle richieste relative a foto che raffigurassero frodi elettorali, come schede elettorali nella spazzatura, piuttosto che immagini di Biden o di Trump.

Secondo l’analisi, ChatGpt Plus e Image Creator sono riusciti a bloccare tutte le richieste quando sono state chieste le immagini dei candidati alle elezioni americane, mentre Midjourney ha avuto i risultati peggiori tra gli strumenti esaminati, generando immagini fuorvianti nel 65% dei test.

“Strumenti distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni”

“La possibilità che immagini generate dall’Intelligenza artificiale servano come ‘prove fotografiche’ potrebbe esacerbare la diffusione di false affermazioni – affermano i ricercatori – ponendo una sfida significativa per preservare l’integrità delle elezioni”, riporta Ansa.

“Esiste il rischio molto concreto che le elezioni presidenziali americane e altri grandi esercizi democratici di quest’anno possano essere minati dalla disinformazione a costo zero generata dall’Intelligenza artificiale – dichiara Callum Hood, Head of Research del CCDHa TechCrunch, come riferisce DigiTech.News -. Gli strumenti di AI sono stati distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni per impedirne l’utilizzo per creare propaganda fotorealistica, che potrebbe equivalere a disinformazione elettorale se condivisa ampiamente online”.

Teenager italiani educati digitalmente: conoscono opportunità e rischi dell’IA

I giovani, come è giusto che sia, sono sempre attratti dalle novità, specie quelle tecnologiche. E, in questo contesto, l’Intelligenza Artificiale non fa eccezione: i ragazzi sono costantemente alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Ma sono consapevoli delle opportunità e delle potenziali insidie della tecnologia? A questa domanda risponde la ricerca “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro, presentata in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo volto a sensibilizzare sull’uso consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Oltre il 70% dei giovanissimi ha un’opinione positiva sull’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare dell’Intelligenza Artificiale e ne conosce la definizione. Di questi, il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona sul tema. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’AI, tanto da sentirsi pronto a consigliarne l’utilizzo ad amici e parenti (24%). Per il 13%, l’intelligenza artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi della vita quotidiana e ricevere supporto nelle difficoltà emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

Anche se i ragazzi sono tutti fruitori di servizi web, molti di loro non nascondono qualche preoccupazione legata all’utilizzo della rete. Il 31% vede tra i maggiori rischi dell’IA il possibile furto d’identità, mentre il 28% si preoccupa per la privacy e la scarsa sicurezza dei propri dati personali. Altri pericoli evidenziati dagli intervistati includono la scarsa protezione da situazioni dannose e violente (21%), il timore che le immagini generate dall’AI possano danneggiare la reputazione (21%), la possibilità di entrare in contatto con contenuti inappropriati (20%). C’è anche un 10% del campione che si dice preoccupato per la creazione di immagini pedopornografiche.

Chatbot sì o no?

Tra i ragazzi, è già ampiamente diffuso l’uso dei chatbot, in particolare ChatGPT. L’80% degli intervistati conosce ChatGPT, il 6% lo utilizza tutti i giorni e il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo dei chatbot sia la facilità d’uso e l’accessibilità a tutti, mentre il 42% pensa che ChatGPT possa stimolare nuove idee e il 21% ritiene che possa aiutare la fantasia.

Gli aspetti negativi includono invece la difficoltà nel garantire una fonte attendibile (34%) e il rischio che l’utilizzo renda più pigri (51%). Per concludere, le nuove generazioni sono sì favorevoli alle nuove tecnologie ma allo stesso tempo rimangono vigili riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici.

Il CV perfetto nel 2024: un mix tra Intelligenza Artificiale e… umanità

Quelli che stiamo vivendo sono anni di grandi cambiamenti, su tutti i fronti. Non fa eccezione il mondo del lavoro, che negli ultimi anni ha visto l’insorgenza di un fenomeno molto particolare: le grandi dimissioni. Qualche dato recente: nel 2022 si sono registrate in Europa 2 milioni e 200 mila dimissioni, delle quali ben 529 mila contabilizzate solo nell’ultimo trimestre.

Si tratta di un aumento di 86 mila unità rispetto allo stesso periodo nel 2019. A queste poi si aggiungono oltre 300 mila dimissioni nel primo trimestre del 2023, raggiungendo il totale di 829 mila unità in sei mesi. 

Cambia la ricerca di lavoro e la selezione dei candidati

A questa tendenza se ne unisce poi un’altra, recentissima: l’espansione dell’Intelligenza Artificiale. Il ricorso sempre più esteso all’IA ha portato grandi trasformazioni negli strumenti a disposizione di chi cerca e di chi offre lavoro.

Amanda Augustine, consulente sulla carriera di CVapp, piattaforma di editing online per la creazione di curriculum vitae, sottolinea che tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico nell’ultimo anno hanno rivoluzionato il mondo degli affari. Queste influenzano sia la selezione di talenti da parte delle aziende e dei recruiter, sia il modo con cui i professionisti cercano nuove opportunità lavorative. 

Strumenti digitali per ricerche mirate

Nel 2024, si prevede un aumento del ricorso a strumenti basati sull’intelligenza artificiale da parte di recruiter e candidati per migliorare l’efficienza nelle ricerca e domanda di lavoro. Come riferisce Askanews, piattaforme specifiche permetteranno ai candidati di mettere alla prova le loro abilità attraverso simulazioni di colloqui, così come di ricevere feedback quasi istantanei, riducendo il tempo necessario per aggiornare il curriculum.

Il fattore umano resta cruciale

Nonostante l’emergere di tecnologie sempre più evolute, anche il fattore umano continua a rivestire un ruolo cruciale.  Per redigere un curriculum vitae efficace, è necessario saper mettere il luce le competenze, i risultati ottenuti in esperienze lavorative precedenti e le skills. Per un CV che possa emergere, l’esperta consiglia di evitare layout troppo originali, ma di optare per un documento con intestazioni chiare e un linguaggio semplice. È essenziale evidenziare le qualifiche raggiunte, ma evitando caratteri troppo personalizzati o immagini.

Anche se l’IA può aiutare nella stesura del CV, non è possibile farvi totalmente affidamento: senza una revisione attenta, un curriculum generato dall’intelligenza artificiale potrebbe apparire poco autentico o sciatto. Nonostante l’automazione, il fattore umano è fondamentale.

Social, pericolo dipendenza per i giovanissimi: quali sono i rischi?

Sono i giovanissimi tra i 18 e i 23 anni i più esposti all’eccessivo e incontrollabile bisogno di accedere ai social media. Lo mette in luce una ricerca condotta da Demoskopika, che evidenzia una crescente preoccupazione riguardo alla dipendenza dai social tra gli under 35 italiani. Con oltre 1,1 milioni di ragazzi a rischio di dipendenza, la fascia più vulnerabile sembra essere quella dei 18-23 anni, con il 38% esposto a comportamenti problematici.

L’utilizzo eccessivo dei social media, la difficoltà a smettere e i sintomi di tipo ansioso sono tra i segnali allarmanti individuati dalla Bergen Social Media Addiction Scale.

Più si abbassa l’età, più cresce il pericolo

L’analisi rivela un’associazione inversamente proporzionale tra l’età e il rischio di dipendenza, e indica un aumento dei fattori comportamentali preoccupanti con la diminuzione dell’età. I giovani tra 24 e 29 anni rappresentano il 34,5% del totale a rischio. Seguono gli under 35 “più adulti” con il 30-35%, un numero che corrisponde a poco più di  308 mila individui esposti.

Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, sottolinea la necessità di un’attenzione maggiore da parte della politica e suggerisce una campagna di comunicazione della Presidenza del Consiglio per rafforzare la cultura digitale e sensibilizzare sulle criticità legate all’uso eccessivo dei social media.

Vince il mondo digitale su quello reale

Gli under 35 sembrano preferire l’interazione online rispetto a quella offline, con l’85,7% del campione che utilizza i social media rispetto al 36,6% che trascorre del tempo con gli amici. Instagram è il social più utilizzato, con l’83,1% delle preferenze, seguito da Facebook al 72,5%. Tuttavia, l’analisi rivela che il 10,3% dei giovani è a rischio di dipendenza elevata, mentre il 15,6% mostra una propensione al pericolo di dipendenza. Fortunatamente, il 74,1% si colloca nell’area a “basso rischio”.

Un fenomeno diffuso uniformemente a livello nazionale

La dipendenza dai social media sembra diffusa in modo omogeneo nelle diverse regioni italiane, ma la Sicilia, la Campania e l’Umbria presentano la maggiore incidenza, con rispettivamente 106,8 mila, 131,4 mila e 16,5 mila giovani a rischio. Alcune regioni superano il 10% di giovani a rischio, come il Lazio, la Toscana, l’Abruzzo, alle quali si aggiungono altre dieci regioni.

Per concludere

In conclusione, la ricerca sottolinea l’importanza di affrontare il problema della dipendenza dai social media tra i giovani italiani, evidenziando la necessità di un intervento preventivo e di sensibilizzazione.

Milano città a misura di cane, ma si può fare di più

È Milano la città più pet friendly dello Stivale, seguita da Roma e Napoli. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Quattrozampeinfiera, il 79% dei 9mila intervistati reputa Milano ‘l’ambiente ideale’ per gli animali domestici, contro il 75% a favore di Roma e il 52% di Napoli.
L’indagine sottolinea la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

I risultati costituiscono un punto di partenza per implementare politiche più inclusive e migliorare la qualità della vita degli animali domestici e dei pet lover, poiché evidenziano alcuni aspetti migliorabili da parte dell’Amministrazione comunale.

Aree cani e accesso ai locali pubblici

Se il 78% degli intervistati dichiara di avere accesso ad aree per cani prossime all’abitazione, al contempo sottolineano la necessità di suddividerle per taglia, migliorare l’illuminazione e aumentare le attrezzature.
Oltre il 51% segnala inoltre forti limitazioni alla presenza di cani nei locali pubblici. Solo il 45% degli intervistati considera agibili i ristoranti, richiedendo agli stessi di aprire le porte a tutti gli amici a quattro zampe.

La presenza di asili per cani è stata poi confermata solo dal 41% degli intervistati, suggerendo margini di miglioramento sull’implementazione di servizi dedicati alle emergenze e alle cure a breve termine. 
Per quanto riguarda l’igiene per gli animali, il 77% conferma di riuscire a reperire negozi di toelettatura nelle vicinanze, indicando una crescente offerta di servizi per la cura dei pet.

Si sui mezzi pubblici, ma al supermercato il pet non può entrare

Analogamente, il 91% dichiara di avere comodamente accesso ai servizi veterinari nelle proprie vicinanze, sottolineando come la salute degli animali domestici venga posta al primo piano nella comunità milanese.
Vengono richieste però sovvenzioni per le cure veterinarie in base al reddito, in modo da rendere più accurata possibile l’assistenza agli animali.

La mobilità urbana risulta agevole per oltre l’86% degli intervistati, che conferma di utilizzare i mezzi pubblici con il proprio cane da compagnia.
L’accesso ai supermercati, invece, è risultato molto limitato, solo il 18% conferma questa possibilità.
Il dato sottolinea le diverse politiche in atto nella GDO riguardo l’ingresso con animali domestici. La richiesta, quindi, è quella di consentire l’accesso a tutti senza limitazioni di taglia.

Gli obiettivi per una città amica degli animali

L’indagine, riporta Ansa, evidenzia la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

Le richieste comuni provenienti da intervistati di Milano, Roma e Napoli riguardano più aree per cani, l’installazione di fontanelle e cestini per le deiezioni, e aprire supermercati, musei e ristoranti a tutti i cani, indipendentemente dalla taglia. Questo, per promuovere l’inclusione e la partecipazione attiva degli animali nella vita cittadina.

I benefici di avere un impianto di climatizzazione efficiente

In un periodo in cui il cambiamento climatico è sempre più evidente, è importante adottare misure per ridurre il consumo di energia senza rinunciare al comfort all’interno delle mura domestiche.

Uno dei modi più rapidi per raggiungere tale scopo è mantenere in perfetta efficienza il proprio impianto di climatizzazione.

Un impianto di climatizzazione efficiente è infatti in grado di raffreddare o riscaldare un ambiente consumando meno energia rispetto ad un impianto vecchio tipo o comunque non perfettamente funzionante o manutenzionato.

Ciò si traduce in un risparmio economico sulle bollette per l’utente, ma anche in un minor impatto ambientale e dunque vantaggi per l’intera collettività.

Andiamo dunque a vedere in dettaglio quali sono i principali benefici di un impianto di climatizzazione efficiente.

Risparmio energetico

Come abbiamo appena accennato, uno dei principali benefici di un impianto di climatizzazione efficiente è il risparmio energetico. Un impianto efficiente può consumare fino al 50% in meno di energia rispetto ad un impianto mono performante o comunque di vecchio tipo.

Questo si traduce in un risparmio economico in fatto di consumi, che può essere significativo nel corso del tempo. Ad esempio, un impianto di climatizzazione efficiente può far risparmiare fino a 200 euro all’anno considerando i consumi medi di una famiglia composta da quattro persone.

Riduzione delle emissioni di CO2

Come è noto, il consumo di energia è una delle principali cause delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Un impianto di climatizzazione efficiente può contribuire a ridurre notevolmente le emissioni di CO2, con un impatto positivo sull’ambiente.

Ad esempio, tornando al consumo medio di una famiglia composta da quattro persone, un impianto di climatizzazione efficiente può ridurre le emissioni di CO2 di circa 1 tonnellata all’anno.

Comfort abitativo

Un impianto di climatizzazione ben funzionante è in grado di mantenere una temperatura confortevole negli ambienti in cui è installato. Ciò è importante per garantire il benessere delle persone e per evitare sprechi di energia.

Per evitare quel fastidioso cambio di temperatura tra una stanza e l’altra che si verifica quando si installano gli split, è possibie far installare direttamente un impianto di climatizzazione canalizzata.

L’aria condizionata canalizzata è un sistema di climatizzazione che distribuisce l’aria fresca o calda attraverso un sistema di canali nascosti all’interno del controsoffitto. Questo sistema è particolarmente adatto per ambienti di grandi dimensioni inclusi uffici, condomini e hotel.

Tra i principali vantaggi dell’aria condizionata canalizzata possiamo citare:

  • Distribuzione uniforme dell’aria fresca o calda in tutti gli ambienti
  • Maggiore silenziosità rispetto ai sistemi di climatizzazione tradizionali
  • Possibilità di personalizzare la temperatura in ogni ambiente

I benefici per la salute

Grazie ad una climatizzazione efficiente degli ambienti di casa è possibile riuscire a ridurre l’umidità dell’aria, evitando la formazione di muffe e l’insorgere di piccoli problemi di salute.

Come è noto infatti, un ambiente con temperatura controllata e uniforme, con il giusto livello di umidità, è importante per la salute ed il benessere delle persone.

Per questo motivo si dice che un impianto di climatizzazione efficiente possa contribuire a ridurre il rischio di allergie e altri problemi respiratori, proprio grazie alla migliore la qualità dell’aria che si respira negli ambienti interni.

Valore dell’immobile e maggiore durata dell’impianto

Un buon impianto di climatizzazione è in  grado di far aumentare il valore dell’immobile in cui è installato. Questo perché è considerato un elemento di comfort e di risparmio energetico, al pari degli infissi a taglio termico o del cappotto termico.

Tra l’altro un impianto di climatizzazione che funziona bene e riceve la giusta manutenzione ogni anno durerà probabilmente più a lungo rispetto ad un impianto di  tipo tradizionale. Questo è vero soprattutto per quegli impianti che vengono realizzati con materiali di alta qualità e con tecnologie innovative.

Conclusione

Come appare evidente, i benefici di un impianto di climatizzazione efficiente sono molteplici e vanno dal risparmio in bolletta all’aumento del valore dell’immobile.

Far installare un buon impianto di climatizzazione e mantenerlo sempre in perfetta efficienza è dunque la scelta giusta che può rappresentare un ottimo investimento sia nell’immediato che a lungo termine.

Incidenti informatici causati dal fattore umano? Spesso sono intenzionali

Gli incidenti informatici derivanti dal “fattore umano” sono comunemente associati a errori involontari dei dipendenti, ma spesso si trascura un elemento più significativo: il comportamento intenzionalmente dannoso del personale. Un recente studio di Kaspersky ha rivelato che negli ultimi due anni, il 77% delle aziende globali ha affrontato incidenti informatici, di cui il 20% è stato causato da comportamenti volontari da parte dei dipendenti.

Gli errori sono in aumento

Esaminando il “fattore umano”, che può avere impatti negativi sulle prestazioni aziendali, si identificano diversi elementi, dai normali errori dei dipendenti all’errata allocazione del budget da parte dei decisori aziendali. Le azioni dolose del personale emergono come uno dei fattori più rilevanti, spesso trascurati. Secondo lo studio di Kaspersky, nel biennio considerato, il 20% delle aziende a livello mondiale ha subito incidenti informatici a causa di comportamenti illeciti a scopo personale da parte dei dipendenti.

Il caso Tesla

Un esempio concreto è il caso dell’azienda Tesla, dove due ex dipendenti hanno divulgato nomi, indirizzi, numeri di telefono ed e-mail di oltre 75.000 attuali ed ex dipendenti. Questo incidente è stato notificato alle autorità di regolamentazione del Maine il 18 agosto, dopo che la società aveva appreso della violazione il 10 maggio attraverso un’indagine interna avviata in seguito a segnalazioni da parte dell’organo di stampa tedesco Handelsblatt.

Il rischio delle minacce interne

Le minacce interne, intenzionali e non intenzionali, rappresentano un rischio significativo per le aziende. Le minacce non intenzionali derivano da errori dei dipendenti, come cadere in trappole di phishing o inviare informazioni riservate alla persona sbagliata. Al contrario, le minacce intenzionali sono attuate da personale malintenzionato che agisce deliberatamente contro il proprio datore di lavoro. Questi insider malevoli hanno conoscenze specifiche dell’infrastruttura aziendale, utilizzando il social engineering e agendo per ottenere guadagni economici o per vendetta.

Perchè i dipendenti “sbagliano” volontariamente

I motivi che spingono i dipendenti a compiere azioni dannose includono il guadagno economico, la vendetta in seguito a licenziamenti, la insoddisfazione lavorativa o il desiderio di danneggiare l’azienda. La collaborazione tra insider e attori esterni è un altro scenario rischioso. Per mitigare queste minacce, è essenziale che le aziende implementino sistemi di sicurezza informatica aggiornati e trasparenti, utilizzando soluzioni di protezione avanzate, protocolli di sicurezza intelligenti e programmi di formazione per il personale IT e non IT. Prodotti specifici possono rivelare e prevenire attività sospette da parte di insider o attori esterni, contribuendo a garantire la sicurezza dell’infrastruttura aziendale.

Marketplace, perchè è partita la rivoluzione contro i resi gratis?

Negli ultimi anni, sempre più persone hanno sperimentato la comodità degli acquisti online, tanto da diventare clienti fedeli di questa modalità di shopping. Però questa abitudine ha generato un fenomeno problematico: il reso compulsivo. La tendenza di acquistare diversi taglie e colori di uno stesso capo, con l’intenzione di restituire quelli non graditi a costo zero, ha prodotto una situazione insostenibile sia dal punto di vista economico sia ambientale.

Il cambiamento ha preso il via nel Regno Unito

Il Regno Unito sembra essere in prima linea in questa rivoluzione dei resi. Secondo il New York Post, 8 venditori online su 10 hanno introdotto commissioni per la restituzione degli articoli. Zara è stata una delle aziende pioniere, addebitando 1,95 sterline per i resi attraverso punti di consegna di terze parti. Questa politica si sta diffondendo anche negli Stati Uniti, con aziende come Zara, Macy’s, Abercrombie & Fitch, J. Crew ed H&M che impongono commissioni fino a 7 dollari per i resi postali.

La situazione in Italia 

A oggi, l’Italia e gli altri Stati europei non sono stati ancora toccati dalla politica dei resi a pagamento. Tuttavia, già adesso, alcune aziende come Zara richiedono pagamenti per il ritiro a domicilio, evidenziando la possibilità che questa tendenza si diffonda anche nel nostro paese. H&M offre resi gratuiti solo per i membri, mentre impone una tariffa di 2,99 euro per gli altri acquirenti.

Il problema del reso compulsivo e il fenomeno bracketing

Il reso compulsivo ha creato un problema insostenibile, noto come “bracketing”. Si tratta dell’abitudine dei consumatori ad acquistare in grandi quantità e a restituire poi gli articoli indesiderati  senza pensare alle conseguenze economiche e ambientali. Secondo la National Retail Federation, il 17% della merce totale comprata negli Stati Uniti nel 2022 è stato restituito, causando enormi perdite finanziarie per le aziende.

Sostenibilità ed economia

Il reso gratuito si rivela insostenibile sia dal punto di vista ambientale sia economico. Ogni reso richiede trasporti, controllo, riparazione e riconfezionamento, generando costi elevati per le aziende. Secondo Inmar Intelligence, i rivenditori spendono 27 dollari per gestire il reso di un articolo da 100 dollari, e le aziende perdono circa il 50% del loro margine sui resi. La fine del reso gratuito è quindi una misura necessaria sia per la sostenibilità ambientale sia per la stabilità economica delle imprese.

Responsabilità sociale e ruolo dei consumatori

La fine del reso gratuito è una chiamata alla responsabilità verso tutti i componenti della società. Le nuove normative europee stanno cercando di spingere le aziende verso una maggiore trasparenza e sostenibilità, ma al momento la legislazione in merito è ancora insufficiente. La sfida ambientale può essere vinta solo con l’impegno sinergico di tutte le parti sociali, compresi i consumatori. La fine del reso gratuito non solo indica un cambiamento necessario, ma invita anche a una maggiore consapevolezza e responsabilità nell’approccio agli acquisti online.

Natale 2023: aumenta la spesa degli italiani per le feste

Dopo un anno di alti e bassi per i consumi, il mese di dicembre dovrebbe chiudersi con il segno più. La spesa degli italiani per le feste è in crescita, anche se l’inflazione gonfia i budget.
Secondo una ricerca di Ipsos e Confesercenti per i regali di Natale 2023 gli italiani progettano di spendere 223 euro, il 13% in più rispetto allo scorso anno.

A dare la spinta è anche l’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione l’incremento di spesa si riduce al +6%.
Complessivamente, nel 2023 si prevede un aumento del +1,2%, a cui però dovrebbe seguire una frenata pari allo 0,8% nel 2024.

Nella top ten abbigliamento, profumi e libri 

Gli italiani che dichiarano di voler contenere la spesa per i regali natalizi sono il 43%, una quota in diminuzione rispetto al 47% dello scorso anno, ma ancora rilevante.

Nella top ten delle intenzioni di acquisto per i regali di questo Natale 2023 spiccano i capi d’abbigliamento (51%), seguiti da prodotti di profumeria (45%) e libri (44%). Ma anche giochi e giocattoli (38%), accessori di moda (33%), regali gastronomici (29%), prodotti tecnologici e regali di gioielleria, entrambi al 24%. E ancora, arredamento e prodotti per la casa, calzature e videogiochi, tutti al 20%.
Il 10% degli italiani, invece, segnala l’intenzione di regalare un viaggio o una vacanza, un dato in ascesa rispetto al 7% del 2022.

Il ruolo centrale dei negozi fisici 

Sempre secondo l’indagine Ipsos condotta per Confesercenti, il retail fisico continua ad avere un ruolo centrale negli acquisti di Natale, ma per il 44% deli italiani le piattaforme sono diventate ormai indispensabili.

Crescono poi le indicazioni per i negozi monomarca delle grandi catene retail (33%, era il 29% nel 2022), ma anche per i negozi all’interno dei centri commerciali, che quest’anno raccolgono il 52% delle preferenze contro il 46% del Natale 2022.
In lieve flessione il canale dei supermercati e ipermercati, che scende al 24% delle indicazioni, e le attività di vicinato (20%).

L’e-commerce è il canale più utilizzato

A sorpresa, si assiste a una crescita della preferenza per i negozi di quartiere da parte dei giovani con età compresa tra 18 e 34 anni. La quota passa infatti dal 20% del 2022 al 22% di quest’anno.
Il 14% dei ragazzi, invece, si rivolgerà a un mercatino per comprare almeno uno dei regali da mettere sotto l’albero.

È però l’e-commerce il canale d’acquisto che incontra la preferenza tra il maggior numero di persone. In particolare, è in crescita la vendita diretta via web, con la quota di chi acquisterà online direttamente dal sito del produttore che sale dal 21% al 23%.
Si consolida poi la prevalenza delle grandi piattaforme di e-commerce, alle quali intende rivolgersi il 68% degli intervistati (63% nel 2022). 

Maternità e carriera, perchè in Italia è ancora così difficile?

L’ultima indagine condotta dall’Ispettorato del Lavoro (INL), in collaborazione con l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), ha rivelato un notevole aumento delle dimissioni volontarie tra le madri lavoratrici in Italia. Secondo il rapporto, ben 44.699 madri hanno scelto di abbandonare il proprio impiego, un dato significativamente superiore ai 16.692 padri che hanno preso una decisione simile. Ciò significa che gli ostacoli nel conciliare vita privata e vita lavorativa sono decisamente superiori per le donne che vogliono avere una famiglia.

Le dimissioni riguardano soprattutto impiegati e operai

Questo trend emerge chiaramente nell’analisi delle dimissioni verificatesi nei primi tre anni di vita dei figli. Il documento sottolinea una crescente difficoltà per le donne nel conciliare le responsabilità professionali con quelle familiari. Tra le categorie professionali più coinvolte, spiccano gli impiegati (30.299) e gli operai (26.471), con il 65,8% delle dimissioni che riguardano lavoratori a tempo pieno. 

Passaggio a un’altra azienda e problematiche familiari alla base delle dimissioni

Le ragioni alla base di tali decisioni sono molteplici: il 37,5% delle dimissioni è dovuto al passaggio presso un’altra azienda, mentre il 32,2% è attribuibile alle sfide nella gestione del lavoro e delle cure dei figli. In particolare, la difficoltà nel trovare un equilibrio tra le esigenze professionali e familiari emerge come la causa principale, rappresentando il 49,8% delle motivazioni totali. Ma la situazione è molo diversa a seconda del genere.

Le motivazioni dell’addio al lavoro sono diverse fra uomini e donne

Il rapporto mette in luce anche un evidente divario di genere nelle motivazioni delle dimissioni. Le lavoratrici madri tendono a dimettersi principalmente a causa delle difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, spesso aggravate dalla mancanza di servizi adeguati e da problematiche organizzative sul luogo di lavoro. Al contrario, per i padri, le ragioni principali sono più strettamente legate a questioni professionali.

Conciliare vita professionale e familiare

Questi dati pongono in evidenza l’urgente necessità di affrontare la questione della conciliazione tra vita professionale e familiare, in particolare per le lavoratrici madri, sottolineando l’importanza di politiche di supporto più efficaci e di un rinnovato impegno nel promuovere un ambiente lavorativo equilibrato e inclusivo. A oggi, le condizioni purtroppo non ci sono: i numeri parlano chiaro.