Autore: Alessio Raimondi

Maturità e Università: i 5 peggiori consigli dei boomer agli studenti

Secondo un’analisi realizzata dall’app thefaculty, a gennaio 2024 il 71% degli studenti italiani è ancora molto indeciso sul proprio futuro. Le motivazioni principali dell’indecisione risultano collegate a uno scarso contatto tra scuola e mondo del lavoro, alle troppe opzioni disponibili, che creano negli studenti un costante timore di non riuscire a consultarle, e alle pressioni provenienti dalla famiglia e dall’esterno.

L’app thefaculty ha quindi stilato un elenco delle 5 peggiori frasi da dire a chi sta scegliendo la strada da prendere una volta concluse le superiori. Una mini-guida pensata per chi ha fratelli, amici, parenti che stanno vivendo questa delicata fase della vita.

I 5 peggiori consigli dei boomer

‘Se ti iscrivi a quell’università, avrai il posto in azienda assicurato’: nonostante sia una delle credenze più comuni, scegliere l’università pensando già a quale lavoro porterà è sbagliato e poco utile.
Soprattutto in questo periodo storico, dove il mondo del lavoro è in continua evoluzione, con nuove figure professionali che nascono e altre che si rinnovano, diventa quasi impossibile sapere oggi quale lavoro si andrà a fare tra qualche anno.

‘Aaah.. vorresti fare “x facoltà”? Ti piace la vita da disoccupato?’: se dovessimo contare tutte le persone che hanno studiato all’università una cosa e nella vita hanno fatto tutt’altro, risulterebbe una ricerca infinita. Piuttosto, qualsiasi scelta (universitaria o no) non sarà mai definitiva e si è sempre in tempo per cambiarla o modificarla.

“Se sceglierai questa università, dovrai trovare qualcuno che ti mantenga”

Si sa, università non è sinonimo di risparmio. Soprattutto se il corso che interessa si trova lontano da casa. Non tutte le famiglie hanno le stesse disponibilità economiche e la scelta di iscriversi all’università ricade un po’ su tutti i membri. Nonostante questo, non è giusto tarpare le ali se l’interesse di proseguire gli studi c’è. Piuttosto che dire ‘trova qualcuno che ti mantenga’, il consiglio di chiedere agli studenti ‘cosa ti riesce bene? Ci sono attività che non ti pesano e consideri più piacevoli di altre?’ e valutare in base alle risposte potenziali lavoretti da svolgere nel tempo libero dallo studio.

“Questa facoltà è troppo impegnativa per te. Perché non ne scegli una più semplice?”

Questo tipo di commento è da evitare come la peste, perché non fa altro che generare preoccupazioni e dubbi immotivati. Come scrive Ansa, gli studenti hanno bisogno di stimoli, non di essere scoraggiati.

Un altro commento deleterio è: ‘L’università è inutile, noi alla tua età avevamo già un lavoro’.
Dare consigli basandosi solo sulla propria esperienza, è la cosa peggiore da fare. ‘Esserci già passati’ non dovrebbe dare il permesso di suggerire interpretazioni drastiche, come ad esempio l’utilità o meno dell’università.
Il consiglio migliore da dare agli studenti ancora indecisi è ‘seguite le vostre passioni’ e non le scelte altrui. Più le scelte sono personali, più daranno soddisfazioni a lungo termine.

WhatsApp: in arrivo nuove regole per continuare a utilizzarlo in risposta a DMA e DSA

WhatsApp  cambia le regole, e in risposta alle esigenze imposte dai due regolamenti europei DSA (la legge sui servizi digitali), e DMA (la legge sui mercati digitali), Meta Platforms apporterà aggiornamenti significativi nei termini d’uso e nelle politiche sulla privacy della sua app di messaggistica.

Aspetto centrale di questi aggiornamenti sarà l’interoperabilità, imposta dal DMA, che obbliga WhatsApp a consentire la comunicazione tra la sua piattaforma e altre app di messaggistica di terze parti, previo il consenso da parte dell’utente.
In generale, le nuove modifiche, oltre a rafforzare la sicurezza dei dati degli utenti e garantire maggior trasparenza sul loro utilizzo, promettono di cambiare profondamente il modo in cui gli utenti interagiscono sia tra loro sia con le tecnologie emergenti.

L’interoperabilità al centro delle modifiche

In pratica, all’apertura della app dopo l’aggiornamento sarà necessario rispondere ‘Sì’ alla notifica di WhatsApp se si desidera o meno accettare le nuove norme per poter iniziare a usare la funzione di interoperabilità.

Il cambio di passo si realizza attraverso un meccanismo di opt-in, permettendo agli utenti di decidere attivamente se desiderano o meno comunicare con servizi esterni.
Nonostante le potenziali preoccupazioni riguardanti la sicurezza e lo spam, il cambiamento rappresenta un avanzamento significativo verso un ecosistema digitale più aperto e connesso.

In linea con il GDPR si riduce a 13 anni la soglia di età minima per l’accesso

Inoltre, con l’abbassamento dell’età minima per l’iscrizione alla piattaforma a 13 anni, WhatsApp si adegua alle realtà sociali e alle normative europee, riducendo quindi la soglia di età in linea con il GDPR, il regolamento generale europeo sulla protezione dei dati.

Questo cambiamento, influenzato dal DSA, si accompagna alla pubblicazione di materiali informativi e consigli di sicurezza destinati ai più giovani, incoraggiandoli a un utilizzo consapevole e sicuro della piattaforma.
In più, tramite la funzione ‘Richiedi informazioni sull’account’, ogni utente può richiedere ed esportare un rapporto sulle informazioni e sulle impostazioni del proprio account.

Le funzionalità si adeguano all’integrazione con AI e RA

L’impegno di WhatsApp nella protezione dei dati si manifesta con l’adesione al nuovo EU-US Data Privacy Framework, garantendo che i dati degli utenti europei siano trattati con elevati standard di sicurezza.

Tale rafforzamento del trasferimento dei dati assicura che le informazioni personali circolino liberamente e in sicurezza attraverso i confini, rispettando la privacy e la sovranità dei dati degli utenti.
Inoltre, vengono introdotte nuove funzionalità, come la trascrizione dei messaggi vocali e l’integrazione di Meta AI, che promettono di arricchire l’esperienza utente con tecnologie avanzate di Intelligenza artificiale e realtà aumentata.

Affitti: un mercato bloccato da abitazioni inutilizzate e dubbi dei proprietari

Emerge dalla prima edizione dell’Osservatorio Affitti 2023, condotto da Nomisma per conto di CRIF e in collaborazione con Confabitare: considerando che in Italia il 57% delle abitazioni è di proprietà e utilizzato come prima abitazione e un altro 11% rimane non utilizzato o non concesso in locazione, il mercato degli affitti non è tanto saturo quanto bloccato. Questo, nonostante le oltre 700.000 richieste di locazione del 2023.

Di fatto l’Italia presenta una sostanziale scarsità di offerta, che unita all’aumento generale dei prezzi degli ultimi due anni ha determinato un aumento dei canoni di locazione del +2,1%. Inoltre, l’accresciuta dimensione del mercato degli affitti brevi rende sempre più difficile l’individuazione di soluzioni abitative in locazione a medio-lungo termine.

Il 40% dei locatori ha avuto esperienze negative

Arriva al 30% la quota dei proprietari non disposti a concedere in locazione le proprie abitazioni. Quota che scende al 15% per chi dichiara di possedere 3 o più abitazioni oltre quella di residenza.
Escludendo chi non ha mai concesso in locazione immobili di proprietà, vi è poi un’ulteriore quota (circa il 10%) che dichiara di aver affittato in passato una o più abitazioni di proprietà, ma di non averne più intenzione.

Fra questi quasi il 40% ha avuto esperienze negative (sfratti, ingiunzioni di pagamento, mancati pagamenti) che li ha fatti desistere.
Ciononostante, attualmente la metà dei proprietari di immobili ‘extra’ oltre a quello di residenza o vacanza ha in locazione almeno un’abitazione, e un ulteriore 30% è pronto a concederla in locazione nel futuro prossimo.

Morosità e ritardi nel pagamento i problemi più diffusi

Stabilità contrattuale o tipologia di lavoro in generale e assenza di pendenze di pagamento sono le caratteristiche considerate più importanti dai locatori.
La morosità e i ritardi nel pagamento dell’affitto sono problemi diffusi, con quasi 1/3 dei locatori che ha subìto fenomeni di morosità e il 13% degli affittuari che dichiara di aver saltato almeno un pagamento.
Stessa dinamica anche rispetto a ritardi nel pagamento dell’affitto.

Nonostante le difficoltà, circa il 50% dei locatori preferisce attendere prima di intraprendere azioni legali per la morosità, facendo emergere il profilo di un ‘proprietario tollerante’.
La percentuale di chi decide di procedere per vie legali aumenta però con il numero di abitazioni possedute.

Arriva il servizio ad hoc

Per ridurre le attuali criticità nel mercato degli affitti, l’asimmetria informativa tra locatori e locatari rappresenta una sfida significativa.
Per affrontare questa disparità, CRIF ha introdotto il servizio ‘Affittabile’, che permette all’inquilino di qualificarsi di fronte al proprietario di casa attraverso un documento che da un lato attesta il livello di affidabilità del soggetto nel rispettare gli impegni di pagamento, dall’altro identifica il canone medio mensile sostenibile.

L’interesse per questo servizio è elevato sia tra i locatori (80%), sia tra i locatari (41%), indicando una crescente consapevolezza dell’importanza della trasparenza e della fiducia nel mercato della locazione.

Deepfake e disinformazione: su X aumenta del 130% al mese 

Sono alcuni dati emersi da uno studio pubblicato dal Center for Countering Digital Hate (CCDH), l’organizzazione no-profit britannica impegnata nella lotta all’incitamento all’odio e alla violenza online: nell’ultimo anno su X (ex Twitter) il volume della disinformazione generata dall’Intelligenza artificiale è aumentato in media del 130% al mese.

Si tratta, in particolare, di immagini deepfake relative alle elezioni americane. Le ultime foto false riguardano Donald Trump insieme ad afroamericani.
Il dato del 130% su X è scaturito dal numero dei commenti delle Community Notes della piattaforma, lo strumento grazie al quale gli utenti fanno osservazioni su post falsi e fuorvianti.

Quattro generatori di immagini sotto esame: Midjourney, DALL-E 3, DreamStudio, Image Creator

Per misurare l’aumento del fenomeno lo studio ha esaminato i quattro generatori di immagini più popolari, Midjourney, DALL-E 3 di OpenAI, DreamStudio di Stability AI o Image Creator di Microsoft.

Tutte le aziende prese in esame, tra l’altro, hanno dichiarato ‘nero su bianco’ la volontà di attuare politiche contro la creazione di contenuti fuorvianti, e hanno aderito a un accordo tra i big della tecnologia per impedire che contenuti ingannevoli generati dalla AI interferiscano con le elezioni del 2024.

ChatGpt Plus e Image Creator hanno bloccato tutte le richieste fuorvianti

 ricercatori hanno affermato che gli strumenti di Intelligenza artificiale hanno generato immagini nel 41% dei test effettuati. I test riguardavano la generazione di immagini più suscettibili alle richieste relative a foto che raffigurassero frodi elettorali, come schede elettorali nella spazzatura, piuttosto che immagini di Biden o di Trump.

Secondo l’analisi, ChatGpt Plus e Image Creator sono riusciti a bloccare tutte le richieste quando sono state chieste le immagini dei candidati alle elezioni americane, mentre Midjourney ha avuto i risultati peggiori tra gli strumenti esaminati, generando immagini fuorvianti nel 65% dei test.

“Strumenti distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni”

“La possibilità che immagini generate dall’Intelligenza artificiale servano come ‘prove fotografiche’ potrebbe esacerbare la diffusione di false affermazioni – affermano i ricercatori – ponendo una sfida significativa per preservare l’integrità delle elezioni”, riporta Ansa.

“Esiste il rischio molto concreto che le elezioni presidenziali americane e altri grandi esercizi democratici di quest’anno possano essere minati dalla disinformazione a costo zero generata dall’Intelligenza artificiale – dichiara Callum Hood, Head of Research del CCDHa TechCrunch, come riferisce DigiTech.News -. Gli strumenti di AI sono stati distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni per impedirne l’utilizzo per creare propaganda fotorealistica, che potrebbe equivalere a disinformazione elettorale se condivisa ampiamente online”.

Teenager italiani educati digitalmente: conoscono opportunità e rischi dell’IA

I giovani, come è giusto che sia, sono sempre attratti dalle novità, specie quelle tecnologiche. E, in questo contesto, l’Intelligenza Artificiale non fa eccezione: i ragazzi sono costantemente alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Ma sono consapevoli delle opportunità e delle potenziali insidie della tecnologia? A questa domanda risponde la ricerca “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro, presentata in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo volto a sensibilizzare sull’uso consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Oltre il 70% dei giovanissimi ha un’opinione positiva sull’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare dell’Intelligenza Artificiale e ne conosce la definizione. Di questi, il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona sul tema. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’AI, tanto da sentirsi pronto a consigliarne l’utilizzo ad amici e parenti (24%). Per il 13%, l’intelligenza artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi della vita quotidiana e ricevere supporto nelle difficoltà emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

Anche se i ragazzi sono tutti fruitori di servizi web, molti di loro non nascondono qualche preoccupazione legata all’utilizzo della rete. Il 31% vede tra i maggiori rischi dell’IA il possibile furto d’identità, mentre il 28% si preoccupa per la privacy e la scarsa sicurezza dei propri dati personali. Altri pericoli evidenziati dagli intervistati includono la scarsa protezione da situazioni dannose e violente (21%), il timore che le immagini generate dall’AI possano danneggiare la reputazione (21%), la possibilità di entrare in contatto con contenuti inappropriati (20%). C’è anche un 10% del campione che si dice preoccupato per la creazione di immagini pedopornografiche.

Chatbot sì o no?

Tra i ragazzi, è già ampiamente diffuso l’uso dei chatbot, in particolare ChatGPT. L’80% degli intervistati conosce ChatGPT, il 6% lo utilizza tutti i giorni e il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo dei chatbot sia la facilità d’uso e l’accessibilità a tutti, mentre il 42% pensa che ChatGPT possa stimolare nuove idee e il 21% ritiene che possa aiutare la fantasia.

Gli aspetti negativi includono invece la difficoltà nel garantire una fonte attendibile (34%) e il rischio che l’utilizzo renda più pigri (51%). Per concludere, le nuove generazioni sono sì favorevoli alle nuove tecnologie ma allo stesso tempo rimangono vigili riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici.

Il CV perfetto nel 2024: un mix tra Intelligenza Artificiale e… umanità

Quelli che stiamo vivendo sono anni di grandi cambiamenti, su tutti i fronti. Non fa eccezione il mondo del lavoro, che negli ultimi anni ha visto l’insorgenza di un fenomeno molto particolare: le grandi dimissioni. Qualche dato recente: nel 2022 si sono registrate in Europa 2 milioni e 200 mila dimissioni, delle quali ben 529 mila contabilizzate solo nell’ultimo trimestre.

Si tratta di un aumento di 86 mila unità rispetto allo stesso periodo nel 2019. A queste poi si aggiungono oltre 300 mila dimissioni nel primo trimestre del 2023, raggiungendo il totale di 829 mila unità in sei mesi. 

Cambia la ricerca di lavoro e la selezione dei candidati

A questa tendenza se ne unisce poi un’altra, recentissima: l’espansione dell’Intelligenza Artificiale. Il ricorso sempre più esteso all’IA ha portato grandi trasformazioni negli strumenti a disposizione di chi cerca e di chi offre lavoro.

Amanda Augustine, consulente sulla carriera di CVapp, piattaforma di editing online per la creazione di curriculum vitae, sottolinea che tecnologie come l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico nell’ultimo anno hanno rivoluzionato il mondo degli affari. Queste influenzano sia la selezione di talenti da parte delle aziende e dei recruiter, sia il modo con cui i professionisti cercano nuove opportunità lavorative. 

Strumenti digitali per ricerche mirate

Nel 2024, si prevede un aumento del ricorso a strumenti basati sull’intelligenza artificiale da parte di recruiter e candidati per migliorare l’efficienza nelle ricerca e domanda di lavoro. Come riferisce Askanews, piattaforme specifiche permetteranno ai candidati di mettere alla prova le loro abilità attraverso simulazioni di colloqui, così come di ricevere feedback quasi istantanei, riducendo il tempo necessario per aggiornare il curriculum.

Il fattore umano resta cruciale

Nonostante l’emergere di tecnologie sempre più evolute, anche il fattore umano continua a rivestire un ruolo cruciale.  Per redigere un curriculum vitae efficace, è necessario saper mettere il luce le competenze, i risultati ottenuti in esperienze lavorative precedenti e le skills. Per un CV che possa emergere, l’esperta consiglia di evitare layout troppo originali, ma di optare per un documento con intestazioni chiare e un linguaggio semplice. È essenziale evidenziare le qualifiche raggiunte, ma evitando caratteri troppo personalizzati o immagini.

Anche se l’IA può aiutare nella stesura del CV, non è possibile farvi totalmente affidamento: senza una revisione attenta, un curriculum generato dall’intelligenza artificiale potrebbe apparire poco autentico o sciatto. Nonostante l’automazione, il fattore umano è fondamentale.

Social, pericolo dipendenza per i giovanissimi: quali sono i rischi?

Sono i giovanissimi tra i 18 e i 23 anni i più esposti all’eccessivo e incontrollabile bisogno di accedere ai social media. Lo mette in luce una ricerca condotta da Demoskopika, che evidenzia una crescente preoccupazione riguardo alla dipendenza dai social tra gli under 35 italiani. Con oltre 1,1 milioni di ragazzi a rischio di dipendenza, la fascia più vulnerabile sembra essere quella dei 18-23 anni, con il 38% esposto a comportamenti problematici.

L’utilizzo eccessivo dei social media, la difficoltà a smettere e i sintomi di tipo ansioso sono tra i segnali allarmanti individuati dalla Bergen Social Media Addiction Scale.

Più si abbassa l’età, più cresce il pericolo

L’analisi rivela un’associazione inversamente proporzionale tra l’età e il rischio di dipendenza, e indica un aumento dei fattori comportamentali preoccupanti con la diminuzione dell’età. I giovani tra 24 e 29 anni rappresentano il 34,5% del totale a rischio. Seguono gli under 35 “più adulti” con il 30-35%, un numero che corrisponde a poco più di  308 mila individui esposti.

Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio, sottolinea la necessità di un’attenzione maggiore da parte della politica e suggerisce una campagna di comunicazione della Presidenza del Consiglio per rafforzare la cultura digitale e sensibilizzare sulle criticità legate all’uso eccessivo dei social media.

Vince il mondo digitale su quello reale

Gli under 35 sembrano preferire l’interazione online rispetto a quella offline, con l’85,7% del campione che utilizza i social media rispetto al 36,6% che trascorre del tempo con gli amici. Instagram è il social più utilizzato, con l’83,1% delle preferenze, seguito da Facebook al 72,5%. Tuttavia, l’analisi rivela che il 10,3% dei giovani è a rischio di dipendenza elevata, mentre il 15,6% mostra una propensione al pericolo di dipendenza. Fortunatamente, il 74,1% si colloca nell’area a “basso rischio”.

Un fenomeno diffuso uniformemente a livello nazionale

La dipendenza dai social media sembra diffusa in modo omogeneo nelle diverse regioni italiane, ma la Sicilia, la Campania e l’Umbria presentano la maggiore incidenza, con rispettivamente 106,8 mila, 131,4 mila e 16,5 mila giovani a rischio. Alcune regioni superano il 10% di giovani a rischio, come il Lazio, la Toscana, l’Abruzzo, alle quali si aggiungono altre dieci regioni.

Per concludere

In conclusione, la ricerca sottolinea l’importanza di affrontare il problema della dipendenza dai social media tra i giovani italiani, evidenziando la necessità di un intervento preventivo e di sensibilizzazione.

Milano città a misura di cane, ma si può fare di più

È Milano la città più pet friendly dello Stivale, seguita da Roma e Napoli. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Quattrozampeinfiera, il 79% dei 9mila intervistati reputa Milano ‘l’ambiente ideale’ per gli animali domestici, contro il 75% a favore di Roma e il 52% di Napoli.
L’indagine sottolinea la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

I risultati costituiscono un punto di partenza per implementare politiche più inclusive e migliorare la qualità della vita degli animali domestici e dei pet lover, poiché evidenziano alcuni aspetti migliorabili da parte dell’Amministrazione comunale.

Aree cani e accesso ai locali pubblici

Se il 78% degli intervistati dichiara di avere accesso ad aree per cani prossime all’abitazione, al contempo sottolineano la necessità di suddividerle per taglia, migliorare l’illuminazione e aumentare le attrezzature.
Oltre il 51% segnala inoltre forti limitazioni alla presenza di cani nei locali pubblici. Solo il 45% degli intervistati considera agibili i ristoranti, richiedendo agli stessi di aprire le porte a tutti gli amici a quattro zampe.

La presenza di asili per cani è stata poi confermata solo dal 41% degli intervistati, suggerendo margini di miglioramento sull’implementazione di servizi dedicati alle emergenze e alle cure a breve termine. 
Per quanto riguarda l’igiene per gli animali, il 77% conferma di riuscire a reperire negozi di toelettatura nelle vicinanze, indicando una crescente offerta di servizi per la cura dei pet.

Si sui mezzi pubblici, ma al supermercato il pet non può entrare

Analogamente, il 91% dichiara di avere comodamente accesso ai servizi veterinari nelle proprie vicinanze, sottolineando come la salute degli animali domestici venga posta al primo piano nella comunità milanese.
Vengono richieste però sovvenzioni per le cure veterinarie in base al reddito, in modo da rendere più accurata possibile l’assistenza agli animali.

La mobilità urbana risulta agevole per oltre l’86% degli intervistati, che conferma di utilizzare i mezzi pubblici con il proprio cane da compagnia.
L’accesso ai supermercati, invece, è risultato molto limitato, solo il 18% conferma questa possibilità.
Il dato sottolinea le diverse politiche in atto nella GDO riguardo l’ingresso con animali domestici. La richiesta, quindi, è quella di consentire l’accesso a tutti senza limitazioni di taglia.

Gli obiettivi per una città amica degli animali

L’indagine, riporta Ansa, evidenzia la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

Le richieste comuni provenienti da intervistati di Milano, Roma e Napoli riguardano più aree per cani, l’installazione di fontanelle e cestini per le deiezioni, e aprire supermercati, musei e ristoranti a tutti i cani, indipendentemente dalla taglia. Questo, per promuovere l’inclusione e la partecipazione attiva degli animali nella vita cittadina.

I benefici di avere un impianto di climatizzazione efficiente

In un periodo in cui il cambiamento climatico è sempre più evidente, è importante adottare misure per ridurre il consumo di energia senza rinunciare al comfort all’interno delle mura domestiche.

Uno dei modi più rapidi per raggiungere tale scopo è mantenere in perfetta efficienza il proprio impianto di climatizzazione.

Un impianto di climatizzazione efficiente è infatti in grado di raffreddare o riscaldare un ambiente consumando meno energia rispetto ad un impianto vecchio tipo o comunque non perfettamente funzionante o manutenzionato.

Ciò si traduce in un risparmio economico sulle bollette per l’utente, ma anche in un minor impatto ambientale e dunque vantaggi per l’intera collettività.

Andiamo dunque a vedere in dettaglio quali sono i principali benefici di un impianto di climatizzazione efficiente.

Risparmio energetico

Come abbiamo appena accennato, uno dei principali benefici di un impianto di climatizzazione efficiente è il risparmio energetico. Un impianto efficiente può consumare fino al 50% in meno di energia rispetto ad un impianto mono performante o comunque di vecchio tipo.

Questo si traduce in un risparmio economico in fatto di consumi, che può essere significativo nel corso del tempo. Ad esempio, un impianto di climatizzazione efficiente può far risparmiare fino a 200 euro all’anno considerando i consumi medi di una famiglia composta da quattro persone.

Riduzione delle emissioni di CO2

Come è noto, il consumo di energia è una delle principali cause delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Un impianto di climatizzazione efficiente può contribuire a ridurre notevolmente le emissioni di CO2, con un impatto positivo sull’ambiente.

Ad esempio, tornando al consumo medio di una famiglia composta da quattro persone, un impianto di climatizzazione efficiente può ridurre le emissioni di CO2 di circa 1 tonnellata all’anno.

Comfort abitativo

Un impianto di climatizzazione ben funzionante è in grado di mantenere una temperatura confortevole negli ambienti in cui è installato. Ciò è importante per garantire il benessere delle persone e per evitare sprechi di energia.

Per evitare quel fastidioso cambio di temperatura tra una stanza e l’altra che si verifica quando si installano gli split, è possibie far installare direttamente un impianto di climatizzazione canalizzata.

L’aria condizionata canalizzata è un sistema di climatizzazione che distribuisce l’aria fresca o calda attraverso un sistema di canali nascosti all’interno del controsoffitto. Questo sistema è particolarmente adatto per ambienti di grandi dimensioni inclusi uffici, condomini e hotel.

Tra i principali vantaggi dell’aria condizionata canalizzata possiamo citare:

  • Distribuzione uniforme dell’aria fresca o calda in tutti gli ambienti
  • Maggiore silenziosità rispetto ai sistemi di climatizzazione tradizionali
  • Possibilità di personalizzare la temperatura in ogni ambiente

I benefici per la salute

Grazie ad una climatizzazione efficiente degli ambienti di casa è possibile riuscire a ridurre l’umidità dell’aria, evitando la formazione di muffe e l’insorgere di piccoli problemi di salute.

Come è noto infatti, un ambiente con temperatura controllata e uniforme, con il giusto livello di umidità, è importante per la salute ed il benessere delle persone.

Per questo motivo si dice che un impianto di climatizzazione efficiente possa contribuire a ridurre il rischio di allergie e altri problemi respiratori, proprio grazie alla migliore la qualità dell’aria che si respira negli ambienti interni.

Valore dell’immobile e maggiore durata dell’impianto

Un buon impianto di climatizzazione è in  grado di far aumentare il valore dell’immobile in cui è installato. Questo perché è considerato un elemento di comfort e di risparmio energetico, al pari degli infissi a taglio termico o del cappotto termico.

Tra l’altro un impianto di climatizzazione che funziona bene e riceve la giusta manutenzione ogni anno durerà probabilmente più a lungo rispetto ad un impianto di  tipo tradizionale. Questo è vero soprattutto per quegli impianti che vengono realizzati con materiali di alta qualità e con tecnologie innovative.

Conclusione

Come appare evidente, i benefici di un impianto di climatizzazione efficiente sono molteplici e vanno dal risparmio in bolletta all’aumento del valore dell’immobile.

Far installare un buon impianto di climatizzazione e mantenerlo sempre in perfetta efficienza è dunque la scelta giusta che può rappresentare un ottimo investimento sia nell’immediato che a lungo termine.

Incidenti informatici causati dal fattore umano? Spesso sono intenzionali

Gli incidenti informatici derivanti dal “fattore umano” sono comunemente associati a errori involontari dei dipendenti, ma spesso si trascura un elemento più significativo: il comportamento intenzionalmente dannoso del personale. Un recente studio di Kaspersky ha rivelato che negli ultimi due anni, il 77% delle aziende globali ha affrontato incidenti informatici, di cui il 20% è stato causato da comportamenti volontari da parte dei dipendenti.

Gli errori sono in aumento

Esaminando il “fattore umano”, che può avere impatti negativi sulle prestazioni aziendali, si identificano diversi elementi, dai normali errori dei dipendenti all’errata allocazione del budget da parte dei decisori aziendali. Le azioni dolose del personale emergono come uno dei fattori più rilevanti, spesso trascurati. Secondo lo studio di Kaspersky, nel biennio considerato, il 20% delle aziende a livello mondiale ha subito incidenti informatici a causa di comportamenti illeciti a scopo personale da parte dei dipendenti.

Il caso Tesla

Un esempio concreto è il caso dell’azienda Tesla, dove due ex dipendenti hanno divulgato nomi, indirizzi, numeri di telefono ed e-mail di oltre 75.000 attuali ed ex dipendenti. Questo incidente è stato notificato alle autorità di regolamentazione del Maine il 18 agosto, dopo che la società aveva appreso della violazione il 10 maggio attraverso un’indagine interna avviata in seguito a segnalazioni da parte dell’organo di stampa tedesco Handelsblatt.

Il rischio delle minacce interne

Le minacce interne, intenzionali e non intenzionali, rappresentano un rischio significativo per le aziende. Le minacce non intenzionali derivano da errori dei dipendenti, come cadere in trappole di phishing o inviare informazioni riservate alla persona sbagliata. Al contrario, le minacce intenzionali sono attuate da personale malintenzionato che agisce deliberatamente contro il proprio datore di lavoro. Questi insider malevoli hanno conoscenze specifiche dell’infrastruttura aziendale, utilizzando il social engineering e agendo per ottenere guadagni economici o per vendetta.

Perchè i dipendenti “sbagliano” volontariamente

I motivi che spingono i dipendenti a compiere azioni dannose includono il guadagno economico, la vendetta in seguito a licenziamenti, la insoddisfazione lavorativa o il desiderio di danneggiare l’azienda. La collaborazione tra insider e attori esterni è un altro scenario rischioso. Per mitigare queste minacce, è essenziale che le aziende implementino sistemi di sicurezza informatica aggiornati e trasparenti, utilizzando soluzioni di protezione avanzate, protocolli di sicurezza intelligenti e programmi di formazione per il personale IT e non IT. Prodotti specifici possono rivelare e prevenire attività sospette da parte di insider o attori esterni, contribuendo a garantire la sicurezza dell’infrastruttura aziendale.