Categoria: Curiosità

Deepfake e disinformazione: su X aumenta del 130% al mese 

Sono alcuni dati emersi da uno studio pubblicato dal Center for Countering Digital Hate (CCDH), l’organizzazione no-profit britannica impegnata nella lotta all’incitamento all’odio e alla violenza online: nell’ultimo anno su X (ex Twitter) il volume della disinformazione generata dall’Intelligenza artificiale è aumentato in media del 130% al mese.

Si tratta, in particolare, di immagini deepfake relative alle elezioni americane. Le ultime foto false riguardano Donald Trump insieme ad afroamericani.
Il dato del 130% su X è scaturito dal numero dei commenti delle Community Notes della piattaforma, lo strumento grazie al quale gli utenti fanno osservazioni su post falsi e fuorvianti.

Quattro generatori di immagini sotto esame: Midjourney, DALL-E 3, DreamStudio, Image Creator

Per misurare l’aumento del fenomeno lo studio ha esaminato i quattro generatori di immagini più popolari, Midjourney, DALL-E 3 di OpenAI, DreamStudio di Stability AI o Image Creator di Microsoft.

Tutte le aziende prese in esame, tra l’altro, hanno dichiarato ‘nero su bianco’ la volontà di attuare politiche contro la creazione di contenuti fuorvianti, e hanno aderito a un accordo tra i big della tecnologia per impedire che contenuti ingannevoli generati dalla AI interferiscano con le elezioni del 2024.

ChatGpt Plus e Image Creator hanno bloccato tutte le richieste fuorvianti

 ricercatori hanno affermato che gli strumenti di Intelligenza artificiale hanno generato immagini nel 41% dei test effettuati. I test riguardavano la generazione di immagini più suscettibili alle richieste relative a foto che raffigurassero frodi elettorali, come schede elettorali nella spazzatura, piuttosto che immagini di Biden o di Trump.

Secondo l’analisi, ChatGpt Plus e Image Creator sono riusciti a bloccare tutte le richieste quando sono state chieste le immagini dei candidati alle elezioni americane, mentre Midjourney ha avuto i risultati peggiori tra gli strumenti esaminati, generando immagini fuorvianti nel 65% dei test.

“Strumenti distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni”

“La possibilità che immagini generate dall’Intelligenza artificiale servano come ‘prove fotografiche’ potrebbe esacerbare la diffusione di false affermazioni – affermano i ricercatori – ponendo una sfida significativa per preservare l’integrità delle elezioni”, riporta Ansa.

“Esiste il rischio molto concreto che le elezioni presidenziali americane e altri grandi esercizi democratici di quest’anno possano essere minati dalla disinformazione a costo zero generata dall’Intelligenza artificiale – dichiara Callum Hood, Head of Research del CCDHa TechCrunch, come riferisce DigiTech.News -. Gli strumenti di AI sono stati distribuiti a un pubblico di massa senza adeguate protezioni per impedirne l’utilizzo per creare propaganda fotorealistica, che potrebbe equivalere a disinformazione elettorale se condivisa ampiamente online”.

Milano città a misura di cane, ma si può fare di più

È Milano la città più pet friendly dello Stivale, seguita da Roma e Napoli. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Quattrozampeinfiera, il 79% dei 9mila intervistati reputa Milano ‘l’ambiente ideale’ per gli animali domestici, contro il 75% a favore di Roma e il 52% di Napoli.
L’indagine sottolinea la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

I risultati costituiscono un punto di partenza per implementare politiche più inclusive e migliorare la qualità della vita degli animali domestici e dei pet lover, poiché evidenziano alcuni aspetti migliorabili da parte dell’Amministrazione comunale.

Aree cani e accesso ai locali pubblici

Se il 78% degli intervistati dichiara di avere accesso ad aree per cani prossime all’abitazione, al contempo sottolineano la necessità di suddividerle per taglia, migliorare l’illuminazione e aumentare le attrezzature.
Oltre il 51% segnala inoltre forti limitazioni alla presenza di cani nei locali pubblici. Solo il 45% degli intervistati considera agibili i ristoranti, richiedendo agli stessi di aprire le porte a tutti gli amici a quattro zampe.

La presenza di asili per cani è stata poi confermata solo dal 41% degli intervistati, suggerendo margini di miglioramento sull’implementazione di servizi dedicati alle emergenze e alle cure a breve termine. 
Per quanto riguarda l’igiene per gli animali, il 77% conferma di riuscire a reperire negozi di toelettatura nelle vicinanze, indicando una crescente offerta di servizi per la cura dei pet.

Si sui mezzi pubblici, ma al supermercato il pet non può entrare

Analogamente, il 91% dichiara di avere comodamente accesso ai servizi veterinari nelle proprie vicinanze, sottolineando come la salute degli animali domestici venga posta al primo piano nella comunità milanese.
Vengono richieste però sovvenzioni per le cure veterinarie in base al reddito, in modo da rendere più accurata possibile l’assistenza agli animali.

La mobilità urbana risulta agevole per oltre l’86% degli intervistati, che conferma di utilizzare i mezzi pubblici con il proprio cane da compagnia.
L’accesso ai supermercati, invece, è risultato molto limitato, solo il 18% conferma questa possibilità.
Il dato sottolinea le diverse politiche in atto nella GDO riguardo l’ingresso con animali domestici. La richiesta, quindi, è quella di consentire l’accesso a tutti senza limitazioni di taglia.

Gli obiettivi per una città amica degli animali

L’indagine, riporta Ansa, evidenzia la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

Le richieste comuni provenienti da intervistati di Milano, Roma e Napoli riguardano più aree per cani, l’installazione di fontanelle e cestini per le deiezioni, e aprire supermercati, musei e ristoranti a tutti i cani, indipendentemente dalla taglia. Questo, per promuovere l’inclusione e la partecipazione attiva degli animali nella vita cittadina.

Cambiare o trovare lavoro? Natale è il momento giusto per le ricerche

Natale è uno dei periodi dell’anno privilegiati per chi desidera cambiare o trovare lavoro. Come spiega Massimo Mariani, di AB Lavoro, la società di ricerca e selezione di personale qualificato, “Molti dei nostri clienti che operano in ambito retail stanno già pensando a dicembre, e proprio ora si rivolgono a noi per trovare e selezionare, spesso con qualche difficoltà, addetti alla vendita o promoter. Non possiamo negare che le opportunità stagionali abbiano dei limiti – aggiunge Mariani – ma dobbiamo anche sottolineare che, se ben sfruttate, rappresentano grandi opportunità per i più giovani, o per chi magari deve rimettersi in gioco dopo una pausa lavorativa”.

Insomma, molte aziende stanno già cercando risorse aggiuntive per coprire i picchi di lavoro, o le aperture straordinarie tipiche delle settimane che precedono le festività. E spesso, fanno fatica a ‘coprire’ le posizioni vacanti.

I lati positivi dei lavori stagionali

Il lato positivo dei lavori stagionali è anche la possibilità di farsi notare e ottenere un contratto stabile. “Non dobbiamo pensare che un’opportunità a termine non possa trasformarsi in qualcosa di più stabile, anzi – assicura Mariani -. Non sono pochi i casi in cui un candidato, dopo essersi fatto conoscere dall’azienda, sia stato ricontattato per altre collaborazioni o avuto un rinnovo di contratto. Non solo: quando i recruiter esaminano un curriculum e notano che una persona ha preferito maturare una serie di esperienze, seppur brevi, piuttosto che non lavorare, valutano molto positivamente l’attitudine del candidato, il suo impegno e la sua flessibilità”.

Un’occasione per mettersi alla prova e scoprire attitudini e predisposizioni

Mettersi alla prova con un contratto a termine all’interno di un punto vendita, inoltre, è molto utile anche per i candidati che hanno la possibilità di scoprire le loro attitudini commerciali, la predisposizione ai rapporti interpersonali o al contatto con i clienti, e in caso di negozi situati in territori ad alta densità turistica, di migliorare e allenare la conoscenza delle lingue straniere.

Per i candidati più giovani, poi, quelli che erroneamente vengono definiti ‘lavoretti’ sono un’ottima palestra per avere un primo confronto con il mondo del lavoro, per rapportarsi con colleghi, manager o responsabili e per imparare a gestire situazioni magari complesse.

Abbigliamento, gioiellerie, arredamento: cercasi commessi e promoter in tutta Italia 

“Sebbene esistano innegabili situazioni di sfruttamento – aggiunge Giacomo Grilli, di AB Lavoro – come straordinari non concordati oppure non retribuiti, turni massacranti, poca attenzione alle risorse o mancanza di formazione, se ci si affida ad aziende di ricerca e selezione accreditate e qualificate, i rischi si riducono al minimo”.

Ma in quali settori si trovano le migliori opportunità in questo momento?
Secondo AB Lavoro, negozi di abbigliamento, gioielleria, oggettistica e arredamento sono alla ricerca di personale di vendita e promoter, soprattutto per negozi e corner in centri storici o all’interno dei principali centri commerciali in tutta Italia.
Anche nell’ambito ristorazione, settore da sempre soggetto alla stagionalità, si cercano con urgenza personale di sala e di cucina, specialmente presso località turistiche, o meta di shopping nel periodo natalizio.

GenZ: poco friendly con economia e finanza, ma sa gestire il denaro

Uno su 5 non pensa a quanti soldi ha a disposizione prima di comprare qualcosa, e l’80% gestisce il denaro in autonomia, ovvero, cifre che vanno dai 500 euro fino a oltre 2.000 euro.

Sono le disponibilità economiche dei giovani della Generazione Z, che sebbene poco ‘friendly’ con le nozioni di finanzia ed economia, nel 12% dei casi ricava guadagni da vincite a scommesse, giochi o lotterie.
È quanto emerge dall’indagine promossa da Esdebitami Retake e condotta da Nomisma sulle abitudini di spesa e la conoscenza delle dinamiche finanziarie dei giovani di età compresa tra 18 e 25 anni.

L’entrata media mensile è 842 euro

Stando all’indagine, in 7 casi su 10 le entrate dei ragazzi non sopperiscono alle loro spese. A supportarle sono i genitori, che però ‘non sempre controllano’ le finanze dei figli.
Considerando la disponibilità finanziaria dei giovani appartenenti alla Gen Z emerge come negli ultimi 12 mesi 8 su 10 abbiano gestito denaro in autonomia, con un’entrata media mensile pari a 842 euro tra stipendio, paghetta e regali.

In particolare, il denaro a disposizione dei giovanissimi deriva da una combinazione di stipendio/proventi da un’attività lavorativa (57%), regali ricevuti (37%), somma fissa elargita dai genitori (32%) e somme di denaro date all’occorrenza (30%).

Difficoltà a rispettare l’equilibrio con le risorse disponibili

L’indagine rileva come nella fascia di età della Gen Z meno del 40% dei ragazzi abbia un’occupazione lavorativa più o meno stabile.
In generale, infatti, il supporto da parte della famiglia rimane elevato per la copertura delle spese mensili.

Il 62% di chi lavora e il 72% di chi non lavora non riesce infatti a far fronte alle spese, anche per una frequente difficoltà a gestire in modo consapevole l’equilibrio con le risorse disponibili.
Diverse, invece, le modalità di approccio alla spesa. Se il 42% dei giovani tra 18 e 22 anni valuta attentamente l’opportunità di fare o meno un acquisto in base alle proprie disponibilità finanziarie, la percentuale scede al 39% nel caso di ragazzi tra 23 e 25 anni.

Fissare un limite di spesa cercando di non superarlo

Un accorgimento usato frequentemente è quello di fissare un limite di spesa giornaliero o settimanale cercando di non superarlo (39% tra 18-22 anni e 42% 23-25 anni).
I dati dell’indagine, riporta Adnkronos, sono stati presentati in occasione dell’evento ‘GenZ e consapevolezza finanziaria tra digitale, tecnologia e new economy’, un’iniziativa promossa dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria del ministero dell’Economia e Finanza.

Con l’Intelligenza artificiale Alexa converserà in modo più “umano”

Alexa, l’assistente tecnologico vocale che trova spazio su milioni di piani cucina di tutto il mondo, sarà presto in grado di interagire con le persone in maniera più naturale. Amazon ha infatti intenzione di potenziare Alexa, il suo servizio vocale basato su cloud, con la tecnologia di Intelligenza artificiale generativa. In questo modo Alexa potrà conversare in modo molto più simile a un essere umano di quanto abbia fatto finora. Lo ha recentemente annunciato l’azienda durante l’evento dedicato alla presentazione dei nuovi prodotti.

L’AI generativa verrà introdotta in tutti i dispositivi, nuovi e già esistenti

Durante l’evento Amazon ha svelato i suoi piani per l’introduzione dell’AI generativa in tutti i dispositivi Alexa, sia quelli nuovi sia quelli esistenti, come gli Echo. Una novità la cui uscita è prevista per l’inizio del prossimo anno. Grazie a una costante ricerca di miglioramenti nelle soluzioni tecnologiche, Amazon sta quindi puntando a rendere Alexa più umana nel modo in cui si esprime, in particolare, introducendo inflessioni emotive nella voce del dispositivo, come risate o cenni di sorpresa.
“Ho sempre sostenuto che Alexa sia la migliore Intelligenza artificiale personale, ma finora è stata un po’ troppo transazionale per i nostri gusti – ha commentato Dave Limp, vicepresidente senior dei dispositivi e dei servizi di Amazon -. Questo era dovuto alle limitazioni della tecnologia, non alla nostra visione. Ora è possibile condurre conversazioni quasi umane con Alexa”.

All’Echo Show 8 la prima dimostrazione dal vivo 

La dimostrazione di queste nuove capacità è stata effettuata sul nuovo Echo Show 8. Durante la presentazione, Dave Limp ha tenuto una conversazione dal vivo con Alexa sul tema del calcio, e il dispositivo ha ricordato la squadra universitaria preferita di Limp senza che il vicepresidente dovesse menzionarla. Il servizio vocale, riferisce Adnkronos, ha anche suggerito opzioni contestuali per la cena durante la visione di una partita con gli amici, e ha generato all’istante un invito per l’evento.

Intanto nel 2023 il valore azionario dell’azienda si impenna

Ma un’ulteriore buona notizia per i clienti Echo è che potranno provare gratuitamente queste nuove capacità conversazionali sui dispositivi che già possiedono, compresi quelli usciti per la prima volta nel 2014. In ogni caso, il fervore per il futuro dell’Intelligenza artificiale quest’anno ha fatto impennare le azioni tecnologiche di Amazon, con l’Indice Nasdaq Composite che nel 2023 ha registrato un aumento del 31%. Tanto che il valore azionario di Amazon quest’anno è aumentato di oltre il 60%.

Usa, i dipendenti passano 200 ore sui dispositivi aziendali a fare… “altro”

Secondo una recente indagine condotta da ExpressVPN, i dipendenti americani stanno sprecando centinaia di ore lavorative ogni anno utilizzando i loro dispositivi di lavoro per attività personali. L’indagine ha coinvolto 2.000 dipendenti che lavorano da remoto e in modalità ibrida nel Regno Unito e negli Stati Uniti per scoprire come utilizzano i dispositivi di lavoro per le attività personali. La ricerca ha rilevato che oltre due terzi dei lavoratori statunitensi hanno ammesso di utilizzare il computer di lavoro per controllare le email personali, svolgere attività personali generali come leggere le notizie o cercare informazioni online, fare acquisti online e navigare sui social media. Tuttavia, alcune attività sono meno banali, come guardare film hard su un dispositivo di lavoro o accedere al dark web.

Gli uomini utilizzano più delle donne i dispositivi di lavoro per attività extra

L’indagine ha anche evidenziato che gli uomini sono più inclini a utilizzare i dispositivi di lavoro per attività personali rispetto alle donne. Inoltre, il 84% dei dipendenti che hanno ammesso di aver utilizzato il computer di lavoro per navigare nel dark web è stato contattato dal proprio datore di lavoro. L’83% è stato contattato per aver guardato film porno e l’81% per aver giocato d’azzardo online. La ripercussione più comune è stata una formazione sull’uso appropriato dei dispositivi di lavoro, che il 28% ha ricevuto dal proprio datore di lavoro. Il 25% ha ricevuto un ammonimento verbale.

Un dato preoccupante

“È preoccupante la quantità di tempo che gli americani dedicano ad attività personali durante l’orario di lavoro, soprattutto se utilizzano i loro dispositivi di lavoro per queste attività. Questo non riguarda solo la produttività, ma può influire negativamente sui livelli di rischio per la privacy e la sicurezza dell’azienda”, ha commentato Lauren Hendry Parsons, portavoce di ExpressVPN e difenditrice della privacy. “Se non si vuole bloccare l’accesso a internet su tutti i dispositivi di lavoro o ricorrere a una sorveglianza sgradita e demoralizzante, non è realistico impedire ai dipendenti di utilizzare i dispositivi di lavoro per attività personali. Al contrario, i dirigenti devono assicurarsi di fornire ai dipendenti una solida formazione in materia di sicurezza, aiutandoli a comprendere i rischi che si corrono e a evitare attacchi di phishing. I dipendenti devono sapere che l’uso che fanno dei dispositivi aziendali sarà in qualche modo visibile all’azienda, quindi prima di passare un po’ di tempo personale con un dispositivo di lavoro è bene pensarci due volte”.

I consigli del vivere sano non hanno base scientifica

Molti dei tanti e storici consigli sulla salute sono solo luoghi comuni, che vanno demistificati se non confutati. Un esempio? La prima colazione non è il pasto più importante della giornata, dipende dall’orario in cui la si fa, da cosa e quanto si mangia.
‘Dovresti fare 10.000 passi al giorno’: in questo caso, si scopre che quando è apparso per la prima volta negli anni ’60 il numero “non era basato su alcun aspetto scientifico”, scrive il Guardian, ma potrebbe valere solo come buon consiglio. “I rendimenti decrescenti entrano in gioco intorno ai 10.000, ma fin lì, fai di più se puoi, un po’ più velocemente se possibile”.

Dormire almeno 8 ore e consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno?

Il sonno è individuale, il tempo dipende dalle esigenze personali di ciascuno, dalle abitudini, e dalla routine. La raccomandazione di ‘dormire almeno 8 ore’ è un buon consiglio, ma anche in qualche modo arbitraria. Molti studi hanno poi scoperto che se consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno è associato a un miglioramento della salute, ci sono anche prove che possano essere utili fino a 10 porzioni giornaliere. In linea generale, coloro che consumano più frutta e verdura hanno minori rischi di declino cognitivo, demenza e diabete, meno stress, e maggiore è la varietà, meglio è. Verdure a foglia verde scuro e crucifere (broccoli, cavoletti di Bruxelles e cavoli) sono alcune delle verdure più dense dal punto di vista nutrizionale.

Bere due litri di acqua al giorno?

Rimanere idratati è importante, ma la raccomandazione di bere due litri di acqua al giorno, sebbene ragionevole, non si basa su dati scientifici. Una quantità adeguata d’acqua per gli adulti è di 2,5 litri, ma la maggior parte di questa quantità si trova nei cibi che vengono preparati. La vecchia raccomandazione di bere un bicchiere di vino ogni sera si basa invece sull’evidenza che le persone classificate come ‘bevitori moderati’ (circa 1-2 bicchieri al giorno) sembrano mostrare un rischio inferiore per alcune malattie. Tuttavia, uno studio su 36.000 adulti ha rilevato che anche uno o due drink al giorno potrebbero ridurre le possibilità di un invecchiamento sano e ridurre le dimensioni del cervello. 

La carne rossa fa male?

La carne rossa viene spesso sconsigliata perché contiene molti grassi saturi, e diversi studi hanno mostrato un’associazione tra la maggiore assunzione di carne rossa e l’aumentato rischio di cancro alla prostata e malattie cardiache. Ora è opinione diffusa che le associazioni tra carne rossa e rischio di malattia possano essere confuse, perché molti studi non distinguono tra l’assunzione di carni rosse lavorate (bacon, salsicce, hamburger e salumi) e non trasformate. Diversi recenti studi, riporta AGI,  hanno invece stabilito che mangiare carne rossa non trasformata potrebbe non aumentare questi rischi, specie cardiaci. E le principali organizzazioni sanitarie raccomandano di continuare a mangiare carne rossa non trasformata.

Settimana della moda: il conversato web di Parigi e Milano a confronto

Il team digital & social listening di BVA Doxa, tramite la piattaforma Talkwalker, ha comparato il conversato relativo alla settimana della moda di Milano e Parigi. La moda è un argomento tra i più diffusi sui social, da sempre attenti alle nuove tendenze in ambito fashion, e la conclusione della Parigi Fashion Week, avvenuta lo scorso 4 ottobre, offre l’opportunità di fare un bilancio. Di fatto, la share of voice relativa alle rispettive Fashion Week segna la netta predominanza del conversato generato da Parigi, che tra blog, news, social network e forum copre il 77% del traffico complessivo attinente i due eventi.

La Fashion Week parigina ha generato oltre 71mila post in un giorno

Per storia e tradizione la Fashion Week di Parigi è da sempre considerata l’appuntamento più prestigioso, poiché vanta il calendario più lungo e un maggior numero di maison partecipanti. La maggior risonanza prodotta dalla Fashion Week parigina appare ancora più evidente dall’andamento del conversato nel tempo, che raggiunge il picco massimo il 2 ottobre, con oltre 71mila post, mentre la Fashion Week milanese stabilisce il suo record il 23 settembre (13.000 risultati).  Altri fattori hanno però contribuito ad alimentare ulteriormente il conversato in rete intorno a questo evento. La Parigi Fashion Week punta molto su Instagram (oltre 740mila follower) e non fa ricorso a Facebook, agganciandosi ai canali della Fédération de la Haute Couture et de la Mode, come Twitter (12,4mila utenti).

I canali social della moda milanese: Twitter, Facebook e Weibo

La Milano Fashion Week nel suo sito web rimanda invece a un unico account, quello su Twitter (oltre 17,3mila follower), e sfrutta i canali della Camera di Commercio della Moda, come Facebook (oltre 110mila seguaci), mentre Instagram è ancora inattivo. Entrambe le manifestazioni hanno aperto però un canale su Weibo, il social network più diffuso nella Repubblica Cinese. A determinare il boom di conversato sulla Parigi Fashion Week sono però anche gli account social delle personalità koreane del mondo K-Pop, un trend già rilevato, seppur in misura più contenuta, anche durante la Fashion Week milanese. Un’altra motivazione è ricondotta al clamore mediatico suscitato dal video della sfilata finale del brand Coperni, al centro del post più interagito sulla Parigi Fashion Week. La clip, pubblicata sul canale TikTok di Vogue Magazine, ha totalizzato oltre 10 milioni di visualizzazioni, e più di 1,4 milioni di like.

TikTok, la GenZ e i contenuti virali

Anche nel caso della Fashion Week di Milano il fattore ‘wow’ ha esercitato il suo fascino sul pubblico social: il contenuto che ha generato l’engagement maggiore riguarda la sfilata di Gucci. Il post su TikTok ha generato 20 milioni di visualizzazioni e più di 540mila like. Non è un caso che i contenuti più virali del web provengano da TikTok: il mondo della moda è il comparto che forse più di tutti sta sfruttando le potenzialità del social per parlare al pubblico della GenZ, il più attento alle nuove tendenze. Tanto che spesso è fonte di ispirazione per le case di moda alla ricerca di nuovi trend, e rappresenta la clientela del futuro. 

L’Intelligenza artificiale sfida l’intelligenza umana ai cruciverba

“Possono le macchine risolvere cruciverba come noi? Come fanno a incrociare le definizioni, rispondere a ‘musicista del settecento che ha concepito i canoni’ oppure a ‘nome di donna’? E ancora: come possono cogliere i trucchi, le sfumature linguistiche, l’umorismo?”, si domanda Marco Gori dell’Università di Siena e uno degli ideatori di WebCrow, il software di AI in grado di risolvere i cruciverba che ha sfidato l’intelligenza umana. Il 19 luglio, durante l’AI Forum, l’evento italiano sull’intelligenza artificiale per le imprese, nell’ambito della conferenza internazionale di Padova IEEE WCCI 2022 (World Congress On Computational Intelligence), si è svolta infatti la competizione Artificial Intelligence vs Human: Can you compete with WebCrow?, dove una ‘macchina’ ha sfidato esperti e appassionati di parole crociate in una gara a tempo in italiano e inglese.
È riuscita l’intelligenza artificiale a risolvere cruciverba, naturalmente inediti, dimostrando di capire frasi fatte, giochi di parole, ed espressioni ambigue?

Il primo risolutore di cruciverba multilingue basato sull’AI 

Sviluppato dall’Università di Siena in partnership con expert.ai e AIxIA, WebCrow 2.0 è il primo risolutore di cruciverba multilingue basato sull’AI.  Durante l’evento ’Webcrow 2.0 – AI vs. Human’, si è discusso anche dell’evoluzione di Webcrow verso la creazione di cruciverba in un contesto di rete sociale, “in cui umani e agenti software generano cruciverba per altri che li risolvono – aggiunge Gori -, con la prospettiva di sperimentare il mutuo rinforzo delle capacità cognitive degli agenti software”.

Interagire con l’esperienza umana 

“Quella che può sembrare solo una competizione tra AI ed esseri umani nasconde in realtà una sfida ancora più avvincente, legata al rendere gli agenti intelligenti artificiali in grado di comprendere e interagire in maniera più naturale e profonda con aspetti fondamentali dell’esperienza umana – sottolinea Davide Bacciu, Professore Associato dell’Università di Pisa e Vice Presidente di AIxIA Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) -. In questo senso, la sfida di WebCrow è un ulteriore passo nella direzione dell’integrazione e della collaborazione positiva tra esseri umani e AI”. 

“Un ambito di applicazione estremamente stimolante”

“La risoluzione automatica dei cruciverba, che può apparire come una sfida curiosa per chiunque sia appassionato di enigmistica, è un ambito di applicazione estremamente stimolante per chi si occupa di software e tecnologie linguistiche – spiega Marco Varone, Chief Technology Officer di expert.ai, partner del progetto e azienda nel mercato dell’AI con tecnologia proprietaria completamente Made in Italy -. Abbiamo insegnato alla macchina a capire il significato delle parole e delle frasi. È infatti il nostro mestiere aiutare le organizzazioni a dare un senso all’immenso patrimonio informativo a disposizione per migliorare qualsiasi attività o processo di business fondato sulla gestione della conoscenza”.

Le “origini” italiane di Google Maps

Google Maps è ormai diventato indispensabile per lo stile di vita dei nostri giorni, caratterizzato da continui spostamenti per svago o per lavoro. Praticamente è lo stradario 2.0. Non tutti sanno, però, che ha i suoi antenati sono italiani. Alla fine degli anni ‘80, due studentesse dell’università statale di Milano, Marina Bonomi e Marcella Logli, laureate nell’anno accademico 1988-89 e oggi manager affermate, hanno presentato una tesi che partendo dal concetto di ipertesto lo applicava alla componente umana e sociale della città di Milano. IperMilano, questo il nome del progetto, era una sorta di antesignano di Google Maps e di Google Earth, capostipite di una serie di altri progetti realizzati prima su cd-rom, poi attraverso internet, e poi attraverso le piattaforme Ott che oggi utilizzano la realtà aumentata.

Una mappa interattiva della città di Milano

“Lo studio degli ipertesti – racconta Logli in un’intervista alla testata online Giornalettismo – ha dato modo di offrire una sponda alla nostra ricerca. Si poteva mettere insieme testo in sequenza, grazie al linguaggio Hypercard introdotto sul mercato da Apple Computer nel 1987, che aiutava a disegnare pezzi di conoscenze. L’ipermedialità ci consentiva, infatti, di collegare testi, immagini, suoni, video”.
Le laureande hanno quindi immaginato di poter utilizzare questa tecnologia per descrivere la città di Milano. “Avevamo impostato il progetto secondo tre viste – spiega Bonomi -. La prima vista era quella aerea: dall’alto avevi di fatto il menu di tutta Milano (istituzioni, università, teatri, cultura, negozi) ed era correlato alla mappa interattiva. A mio avviso, si può paragonare a quello che oggi rappresenta Google Maps”.

Una sorta di anticipazione del concetto di metaverso

“La seconda vista era quella naturale o a terra: cliccando sulle varie icone che avevamo realizzato, si passava alla videata con le rappresentazioni fotografiche – continua Bonomi -. È un po’ quello che oggi è Google Earth. Poi, c’era la possibilità di passare da un livello concettuale a un altro: le icone, alcune in inglese e alcune in latino, ci permettevano di accedere alle informazioni su quello che si stava vedendo. Si poteva accedere alle informazioni sul Duomo, sui negozi: questa è la iper-realtà, una sorta di anticipazione del concetto di metaverso”.

“Abbiamo costruito con diversi anni di anticipo una realtà virtuale”

Per realizzare IperMilano le studentesse lavoravano nell’ecosistema Macintosh, con gli strumenti all’epoca tra i più avanzati in senso assoluto: Hypercard per realizzare ipertesti con link a testi, suoni e video, il linguaggio di programamzione C++ per la simulazione, ad esempio, dell’espletamento di una pratica burocratica nel comune, e ProLog per creare percorsi cittadini indicando un luogo di partenza e uno di arrivo. Il tutto reso con un’interfaccia grafica user friendly che utilizzava per la prima volta le icone., riporta Adnkronos.
“Abbiamo costruito, con diversi anni di anticipo, una realtà virtuale”, commenta Bonomi. L’elemento nuovo, sottolinea Logli, è stata “sicuramente la riproduzione della realtà artificiale, un preambolo della realtà virtuale”.