Categoria: Mondo Italia

Oltre 7 italiani su 10 temono i furti in casa mentre sono in vacanza 

Più di 14 furti in casa ogni ora, corrispondenti a 340 al giorno e oltre 124.000 in un anno: sono questi i numeri allarmanti che emergono dai dati ufficiali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. È comprensibile, quindi, il motivo per cui molti italiani sono preoccupati di lasciare la propria abitazione, soprattutto durante il periodo estivo. Secondo un’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different, questa paura è condivisa da quasi 7 italiani su 10, equivalenti a più di 29 milioni di individui.

Pochi stipulano un’assicurazione

Nonostante il timore diffuso, l’indagine evidenzia che sono ancora pochi coloro che scelgono di tutelarsi con una copertura assicurativa contro i furti in casa, solo il 19% dei rispondenti. Questa assicurazione fa parte delle polizze casa multirischio, che proteggono i proprietari dell’immobile da una vasta gamma di eventi dannosi. Attivando la garanzia contro i furti, in caso di effrazione l’assicurato può essere rimborsato non solo per i beni sottratti, ma anche per eventuali danni causati dai ladri. Tuttavia, spesso è necessaria una copertura specifica per oggetti di valore come gioielli, opere d’arte o strumenti musicali. I prezzi delle polizze possono variare a seconda di diversi fattori, tra cui le caratteristiche dell’immobile (tipo, dimensioni, ubicazione) e le garanzie accessorie aggiunte. Secondo l’analisi di Facile.it, per assicurare un appartamento di 100 mq a Milano, i prezzi per una polizza base partono da poco più di 75 euro all’anno, ma salgono a 110 euro se si aggiunge la copertura furto e circa 130 euro per la protezione di oggetti di valore.

Misure creative e tecnologia

Quando si adottano delle misure, vengono utilizzate soluzioni più o meno creative per ridurre i rischi di furto in abitazione. La soluzione più diffusa, adottata dal 46% dei rispondenti (circa 19,5 milioni di individui), è quella di affidare la sicurezza della propria abitazione a familiari o vicini di casa, chiedendo loro anche di svuotare la cassetta delle lettere per mascherare l’assenza dei proprietari nel 13% dei casi. 
Circa 12 milioni di italiani (29%) hanno invece optato per la tecnologia, installando un sistema di videosorveglianza per proteggere l’appartamento, mentre il 14% ha dotato le finestre di inferriate. Per nascondere l’assenza prolungata da casa, ci sono diverse strategie adottate dai rispondenti: circa 3 milioni di persone dichiarano di lasciare alcune luci accese, mentre circa 2,1 milioni lasciano accesa la TV o la radio. Circa 1,3 milioni di individui (3% dei rispondenti) si affidano a vigilantes privati.

I consigli per proteggere la casa

Facile.it ha stilato un vademecum in 5 punti per aiutare le persone a partire serenamente per le vacanze. Tra i consigli, si raccomanda di dotare l’appartamento di un sistema di sicurezza come la videosorveglianza o le inferriate, caricare l’auto in un luogo coperto, ridurre i segni di assenza come la posta accumulata o l’erba incolta, stipulare un’assicurazione per la casa che includa la copertura contro i furti e limitare la condivisione di informazioni sui social media per evitare di rivelare la propria assenza.

Allarme false prenotazioni: le cyber-truffe non vanno in vacanza

Se i biglietti aerei, le prenotazioni e i pacchetti vacanza sono troppo economici spesso nascondono una truffa. Con le vacanze alle porte, molti italiani sono alla ricerca di destinazioni affascinanti, alloggi convenienti e voli a prezzi ragionevoli. Ma secondo i ricercatori Kaspersky numerosi siti web fraudolenti offrono voli aerei a basso costo per sottrarre denaro o informazioni personali, come dati bancari e identificativi, che possono essere rivenduti sul dark web, senza ovviamente fornire i biglietti prenotati. Queste pagine di phishing, ben realizzate, spesso imitano noti servizi di compagnie aeree e aggregatori di biglietti. In alcuni casi mostrano perfino i dettagli reali dei voli, inviando richieste di ricerca ad aggregatori legittimi e riportando le informazioni ricevute.

Alloggi troppo belli per essere veri

Anche falsi annunci online di case o appartamenti per le vacanze sono una truffa molto comune. I cyber criminali creano annunci interessanti su piattaforme popolari, mostrando foto affascinanti e offrendo prezzi bassi per attirare i viaggiatori. Ma una volta effettuati prenotazione e pagamento, l’alloggio si rivela inesistente. Anche le prenotazioni alberghiere non sono esenti dalle truffe. Attraverso siti web falsi, che imitano piattaforme legittime di hotel booking, i truffatori invitano gli utenti ad accedere con le credenziali di Facebook o Google. In questo modo, i criminali ottengono l’accesso non autorizzato a social media o account e-mail delle vittime per mettere a segno furti di identità, transazioni non autorizzate e altre attività dannose.

Sondaggi che nascondo brutte sorprese

Alcuni siti web o e-mail ingannevoli invitano a completare un sondaggio di viaggio per ottenere una ricompensa sostanziosa, facendo leva sul desiderio di guadagno e sulla disponibilità a condividere le proprie opinioni. Con la scusa dei requisiti di idoneità, o la promessa di premi che non saranno mai consegnati, i criminali raccolgono dati personali, come nome, indirizzo, numero di telefono e dettagli finanziari, utilizzandoli per scopi fraudolenti. Le vittime stesse sono utilizzate come strumento per diffondere la truffa, invitandole alla condivisione del sito con i propri amici affinché possano ricevere il premio.

Un po’ di diffidenza non guasta

“I truffatori sono sempre alla ricerca di viaggiatori inconsapevoli, puntando sul loro entusiasmo nell’organizzazione delle vacanze – commenta Olga Svistunova, Security Expert di Kaspersky -. Dai falsi aggregatori di biglietti alle truffe per l’alloggio e i sondaggi, i cybercriminali utilizzano diverse tecniche per rubare denaro e informazioni sensibili. È fondamentale che i viaggiatori prestino attenzione quando organizzano un viaggio online. Quindi, verificare l’autenticità dei siti web, utilizzare piattaforme di prenotazione affidabili e non condividere mai informazioni personali o finanziarie senza aver effettuato una verifica”.
Insomma, un po’ di diffidenza può contribuire a garantire una vacanza sicura e senza truffe. 

Il 60% delle imprese in transizione verso la ESG: a che punto siamo?

Le imprese italiane che non hanno ancora avviato un percorso di transizione sostenibile e che mostrano un livello molto basso di adeguatezza ESG rappresentano solo il 8% del totale. Quasi il 60% ha iniziato a intraprendere i primi passi, ma con un livello medio e basso di adeguatezza ESG, mentre oltre il 30% si trova in uno stadio avanzato. Questo è uno dei principali risultati emersi dall’ESG Outlook di CRIF, che analizza lo stato delle questioni ambientali, sociali e di governance in Italia e fornisce una panoramica sulla posizione delle imprese italiane nel loro percorso verso la sostenibilità.

Esaminate 15.000 aziende italiane

CRIF ha selezionato un campione rappresentativo di circa 150.000 aziende italiane alla fine del 2022 e le ha analizzate utilizzando il proprio patrimonio informativo e analitico, offrendo così una prospettiva originale sulle sfide della sostenibilità. Un elemento chiave dell’analisi è lo score ESG, che sintetizza il livello di adeguatezza verso la sostenibilità di ciascuna azienda, considerando il settore di appartenenza e l’area geografica in cui si trova. Lo score ESG di CRIF riassume più di 150 indicatori relativi ai componenti ambientali (E), sociali (S) e di governance (G), raggruppati successivamente secondo le aree informative definite dalla normativa come fattori EBA.

Cosa dice lo Score

Lo score ESG di CRIF si distribuisce in classi che rappresentano il livello di adeguatezza verso i fattori ESG: da molto alto, che include le aziende migliori, a molto basso, che rappresenta le aziende peggiori. Dall’analisi emerge che quasi il 60% delle aziende italiane si attesta ancora a livelli medio-bassi di adeguatezza ESG, includendo anche settori che hanno appena iniziato la transizione verso la sostenibilità, mentre oltre il 30% si trova a uno stadio avanzato. In particolare, le aziende con un fatturato superiore a 10 milioni di euro sono più avanzate nel percorso di transizione verso un’economia più sostenibile, con una maggiore concentrazione nelle classi ad alta e molto alta adeguatezza ESG (39% rispetto al 33% delle imprese con fatturato inferiore). Le piccole e medie imprese (PMI), che non raggiungono i 10 milioni di euro di fatturato, rappresentano il segmento che ha maggiormente bisogno di supporto nella transizione sostenibile.

Il fattore ambientale

Tra i principali fattori ESG analizzati, che contribuiscono alla valutazione complessiva delle PMI verso la sostenibilità, c’è il fattore ambientale, che attualmente riceve maggiore attenzione anche dalle autorità di vigilanza. CRIF ha misurato il livello di adeguatezza nella gestione dei rischi ambientali attraverso lo Score Ambientale (Score E). L’analisi ha evidenziato una notevole eterogeneità tra le PMI italiane nelle diverse regioni e settori. Lombardia e Piemonte risultano le regioni migliori secondo lo score ambientale, con oltre il 60% delle aziende che si posiziona a un alto livello di adeguatezza. Tra i settori più performanti secondo lo score ci sono l’immobiliare e le attività ricreative.

L’impatto dei rischi fisici

Un altro fattore significativo analizzato dall’ESG Outlook di CRIF è l’impatto dei rischi fisici, che misura il potenziale impatto economico e finanziario derivante dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale. Ci sono due macrocategorie: rischi cronici, legati ai cambiamenti climatici in corso, e rischi acuti, come disastri naturali improvvisi. Il 5,9% delle PMI è a rischio fisico acuto alto o molto alto. Per quanto riguarda i rischi fisici cronici, il 16% delle imprese è molto esposto. 

Gli impatti finanziari

L’ESG Outlook ha anche sviluppato un modello proprietario per valutare gli impatti finanziari a lungo termine della transizione verso la sostenibilità. Questo modello tiene conto dei costi, dei ricavi e degli investimenti, offrendo una visione chiara dei possibili scenari futuri. I risultati mostrano una notevole variabilità dei costi della transizione verso un’economia sostenibile tra i diversi settori. I settori ad alta intensità energetica come l’estrazione mineraria, i trasporti, la chimica e la lavorazione dei prodotti metallici mostrano impatti significativi, con costi previsti che variano dal 3% all’8% del fatturato annuo. Impatti moderati, ma comunque rilevanti, si osservano nei settori della lavorazione di prodotti non metallici e della produzione e distribuzione di elettricità e gas, con costi che rappresentano circa il 2-3% del fatturato annuo. I settori dei servizi, delle attività immobiliari e del commercio mostrano un impatto marginale, inferiore all’0,5% annuo. In generale, si evidenzia una forte correlazione tra il livello attuale di intensità delle emissioni e l’impatto della transizione.

Sos eventi climatici estremi: quali sono gli ultimi dati in Italia?

La denuncia arriva da Legambiente, che in occasione della giornata mondiale dell’ambiente ha diffuso i nuovi dati del suo Osservatorio Città Clima. Dall’inizio del 2023 gli eventi climatici estremi in Italia sono aumentati del +135% rispetto all’anno precedente. E da gennaio a maggio di quest’anno si sono registrati 122 eventi estremi, contro i 52 dello stesso periodo del 2022. In particolare, 30 allagamenti da piogge intense (+87,5%), contro i 16 dei primi 5 mesi del 2022. Le regioni più colpite da eventi climatici estremi sono sei: Emilia-Romagna (36), Sicilia (15), Piemonte (10), Lazio (8), Lombardia (8), e Toscana (8). 

Servono interventi concreti a livello nazionale ed europeo

Per aiutare l’ambiente e contrastare la crisi climatica servono politiche climatiche più ambiziose, accompagnate da interventi concreti a livello nazionale ed europeo. L’Italia deve quindi accelerare, sia approvando il Piano di adattamento climatico di cui è ancora sprovvista sia prevedendo risorse adeguate. Inoltre, deve aggiornare entro fine giugno il PNIEC, e approvare una legge attesa da 11 anni contro il consumo di suolo. Sono le tre azioni prioritarie su cui l’Italia a oggi è in forte ritardo, mentre a livello europeo è importante definire un Patto di solidarietà per il clima tra Paesi industrializzati, emergenti e in via di sviluppo, per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050 a livello globale.

“Bisogna invertire al più presto la rotta”

“La fotografia scattata dal nostro Osservatorio Città Clima sugli eventi climatici estremi parla chiaro – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -, bisogna invertire al più presto la rotta. L’alluvione che ha colpito nelle scorse settimane l’Emilia-Romagna e le Marche, ma anche le violente piogge che si sono abbattute in questi ultimi giorni in Sardegna e in altre regioni d’Italia, sono l’ennesima dimostrazione di quanto la crisi climatica stia accelerando il passo causando ingenti danni all’ambiente, all’economia del Paese, e perdite di vite umane. Al Governo Meloni chiediamo un’assunzione di responsabilità perché per affrontare il tema della crisi climatica serve una decisa volontà politica con interventi concreti non più rimandabili per riparare gli errori del passato, come ad esempio tombare i fiumi, costruire in aree non idonee o in prossimità dei corsi d’acqua”.

“Evitare che il Paese rincorra sempre l’emergenza”

“Ora bisogna voltare pagina – continua Stefano Ciafani – e i primi strumenti per farlo sono proprio il piano di adattamento al clima e le risorse per attuarlo, l’aggiornamento del PNIEC, una legge contro il consumo di suolo. Senza dimenticare che il Paese ha bisogno di più politiche territoriali di prevenzione e campagne informative di convivenza con il rischio. Solo così si potrà evitare che l’ultima tragedia sia la penultima e che il Paese rincorra sempre l’emergenza”.

Per l’84% dei lavoratori italiani le competenze reali valgono più dei titoli di studio 

La maggioranza dei lavoratori italiani (84%) ritiene che le competenze reali siano più importanti dei titoli di studio o del percorso professionale, ma solo 1 su 10 (13%) afferma di possedere competenze in materia di intelligenza artificiale, considerata oggi una delle competenze digitali più richieste. Questo divario tra le competenze richieste dalle aziende e quelle possedute dalla forza lavoro è evidente. Mentre l’82% dei lavoratori italiani dichiara di utilizzare competenze digitali nel proprio lavoro quotidiano, pochi di loro possiedono competenze avanzate come l’intelligenza artificiale e lo sviluppo di app.

Intelligenza artificiale e sviluppo di app le skills più richieste

Le competenze digitali più richieste nel mondo del lavoro includono l’intelligenza artificiale e lo sviluppo di app, ma sono tra le meno utilizzate nei ruoli quotidiani. Tuttavia, i lavoratori italiani sono interessati ad apprendere nuove conoscenze tecnologiche, il che suggerisce che le aziende possono contribuire a colmare il divario fornendo opportunità di formazione continua ai dipendenti.

Migliorare le competenze migliorerà la produttività

A livello globale, la maggior parte dei leader aziendali ritiene che lo sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti avrà un impatto positivo sulla produttività, sulle prestazioni del team e sul problem solving. In Italia, l’interesse per l’intelligenza artificiale è in aumento, con il 67% dei lavoratori entusiasti all’idea di utilizzarla nel proprio lavoro. Anche i leader aziendali mostrano interesse, con il 56% che afferma che la propria azienda sta valutando modi per utilizzare l’intelligenza artificiale generativa.

Solo il 10% dei lavoratori utilizza oggi l’IA

Nonostante l’importanza crescente per il futuro del lavoro, solo il 10% dei lavoratori italiani afferma di utilizzare l’intelligenza artificiale nel proprio ruolo attuale. Solo una percentuale ancora più bassa coinvolge competenze digitali correlate come la crittografia, la cyber security e la programmazione di app. Migliorare le competenze è il percorso da seguire, e la maggior parte dei lavoratori (98%) ritiene che le aziende dovrebbero dare priorità alle competenze di intelligenza artificiale nella loro strategia di sviluppo dei dipendenti.

Necessario investire in tecnologia

L’investimento nella tecnologia e nelle competenze adeguate è fondamentale per affrontare le sfide attuali e garantire la resilienza aziendale. Le aziende devono integrare processi di intelligenza artificiale e automazione e formare i propri dipendenti per utilizzare al meglio queste risorse. I programmi di sviluppo delle competenze dovrebbero essere parte integrante del piano strategico di ogni manager, al fine di sfruttare al massimo le opportunità offerte dagli strumenti tecnologici.

Prodotti per l’infanzia, cercasi promozioni: +44% nei primi mesi del 2023

Un’analisi condotta da DoveConviene, l’app che aiuta i consumatori a trovare le migliori offerte su tutto il territorio nazionale, evidenzia il ruolo strategico delle promozioni nel tutelare il potere di acquisto anche delle famiglie con figli molto piccoli. Il caro prezzi avanza, e non sembra dare segnali di arresto. Le famiglie italiane sono sempre più orientate ad acquistare prodotti che consentano un risparmio effettivo sulla spesa, anche per quanto riguarda i prodotti per la prima infanzia, come omogenizzati, pannolini, passeggini, vestiti e giocattoli.
Nel 2022 è infatti aumentato anche il costo medio per l’alimentazione del neonato, nonché dei pannolini e i passeggini. E nei primi tre mesi del 2023, DoveConviene registra un aumento del +44% dell’interesse delle famiglie verso queste categorie di prodotti in promozione.

Aumenti: alimenti per neonati +11,3%, passeggini +30,4%

In particolare, rispetto al 2021, l’alimentazione del neonato è aumentata del +11,3%, del +13,6% i pannolini e del +30,4% i passeggini. Un trend che quindi continua a spingere le famiglie verso un ricorso sempre maggiore allo strumento delle promozioni, allo scopo di tutelare il proprio potere di acquisto.
Circa il 6,2% delle ricerche totali su DoveConviene di prodotti in offerta sono relative ai prodotti per l’infanzia, e nel 2022 sono state oltre due milioni le interazioni con i prodotti comunicati all’interno dei volantini digitali legati al mondo infanzia. E particolarmente ambite risultano le offerte relative ai pannolini.

I più ricercati sono i pannolini

Nella top 10 dei prodotti più ricercati, in nona posizione, si infatti trova la parola generica ‘pannolini’, mentre in sesta, quella di un noto brand specializzato in questo prodotto. Inoltre, scorrendo la classifica delle offerte top 100, si trova un altro brand di pannolini. E sul totale delle ricerche effettuate nel 2022 per i prodotti per l’infanzia i pannolini rappresentano il 75,60%.
Oltre ai pannolini, gli altri prodotti per l’infanzia più ricercati nel 2022 sono stati l’alimentazione del neonato (14,32%), i giocattoli (4,48%), gli accessori per passeggiare (2,99%), gli accessori per la casa (1,22%), l’abbigliamento per i bambini (0,84%), l’arredamento (0,34%) e l’abbigliamento premaman (0,11%). La ricerca di ciucci si è invece attestata allo 0,09%.

Biberon, latte in polvere e omogenizzati all’attenzione del Garante dei prezzi

Di fatto, biberon, latte in polvere, pannolini e omogenizzati sono i nuovi prodotti all’attenzione del Garante dei prezzi. Il governo ha già provato a contrastare l’impennata dei prezzi abbassando l’Iva sui prodotti per l’infanzia, dal 22% al 5%, ma non è bastato.
“Non tutto il taglio dell’Iva è andato a beneficio davvero delle famiglie”, riconosce il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel suo intervento agli Stati generali della natalità, come riferisce SkyTg24. Per questo motivo, il ministro ha quindi annunciato un intervento sui prodotti dell’infanzia come quello avvenuto sulla pasta, al centro della prima riunione della commissione di allerta rapida sui prezzi al Mimit.

Prestiti: la domanda cresce, ma gli importi medi richiesti sono più contenuti

Nel primo trimestre 2023 le richieste di prestiti aumentano del +7,2%, ma l’importo medio richiesto, nell’aggregato dei prestiti personali e finalizzati, si attesta a 8.596 euro (-0,2% rispetto al primo trimestre 2022), a conferma del fatto che le famiglie propendono per un credito rateale con importi più contenuti. Se si guarda al solo mese di marzo la contrazione dell’importo medio risulta invece più accentuata rispetto alla media del trimestre precedente (-1,1%). Tuttavia, si osserva una dinamica divergente per le diverse forme tecniche: i finalizzati si contraggono del -2,7% rispetto al corrispondente periodo del 2022, mentre continuano a galoppare a un ritmo a doppia cifra i prestiti personali (+23,7%). Emerge dall’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF sul credito alle famiglie italiane.

Un finanziamento su due presenta un importo inferiore a 5.000 euro

Per entrambe le forme tecniche si registra una generale contrazione dell’importo medio richiesto: nei primi 3 mesi dell’anno i prestiti finalizzati si attestano a 5.925 euro (-2,7%), mentre quelli personali toccano un valore medio di 12.092 euro (-5,6%). Quanto alla tipologia della domanda, un finanziamento su due presenta un importo inferiore a 5.000 euro (53,1% del totale), mentre un 34,7% richiede un prestito tra 5.000-20.000 euro, e solo il 12,2% di richiedenti supera i 20.000 euro.
A prevalere per le famiglie italiane è quindi la prudenza, con piccoli importi dilazionati nel tempo: il 27,5% sceglie di estinguere il finanziamento in 5 anni e il 20,6% nell’arco dei 25-36 mesi.

Boom di viaggi e spostamenti green

Se aggiungiamo la variabile età del richiedente, è la fascia 45-54 anni a risultare maggioritaria (23,9%), seguita dai 35-44 anni (21,0%) e sull’ultimo gradino del podio l’età compresa tra i 25-34 anni (19,7%). A trainare la ripresa sono le spese legate al tempo libero, con il settore viaggi passato da +302%, nel primo trimestre 2022 a una crescita del +26% nell’ultimo trimestre. Inoltre, i consumi delle famiglie cambiano e aumenta la sensibilità verso mezzi alternativi all’auto, infatti si sceglie di finanziare mezzi alternativi quali motociclette, biciclette e similari, ad esempio i monopattini, cresciuti del 25% dall’inizio del 2022 alla fine dell’anno. 

Cresce l’acquisto di polizze assicurative

Le famiglie aggiungono inoltre nel carrello della spesa le polizze assicurative, la cui propensione all’acquisto è cresciuta nel corso dei mesi fino a raggiungere un +19% nell’ultimo trimestre 2022.
Continua invece ad arrancare il settore automotive, che soffre la difficoltà nel reperire le materie prime mettendo in crisi l’intera supply chain del comparto. Ne risentono pertanto i finanziamenti verso le auto nuove, che oscillano da un -22% nel primo trimestre 2022 fino a risalire, seppur ancora in un territorio negativo, a un -2,2% nel quarto trimestre dell’anno scorso.

Flessibilità, benessere e smart working le nuove priorità al lavoro

I classici benefit materiali, come auto aziendale, smartphone o buoni pasto, oggi non sono più la priorità per i lavoratori. Ora, a fare davvero la differenza sono flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working. In pratica, i lavoratori italiani oggi chiedono felicità.
Dal sondaggio condotto da Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato, tra oltre 1.500 candidati, emerge infatti un quadro molto chiaro.
“Non dobbiamo cadere nell’errore – precisa Marta Arcoria, Hr manager di Hunters Group – di pensare che parlare di felicità al lavoro sia fuori luogo. Tralasciando i vari job title evocativi o quelle che potremmo definire mode passeggere, il concetto di felicità, inteso, ovviamente, in senso ampio, è molto importante per tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo, dalla tipologia di azienda o dagli anni di esperienza”.

Vincono gli elementi che contribuiscono a migliorare il benessere

Il 47% dei lavoratori italiani preferisce la flessibilità oraria e lo smart working, per avere così la possibilità di poter bilanciare, nel modo migliore possibile, vita professionale e vita privata. Il 42% dei candidati, invece, preferisce un ambiente di lavoro sereno e la possibilità di crescita professionale.
Si tratta di elementi, che in un modo o nell’altro, possono contribuire a migliorare il benessere dei lavoratori, e di conseguenza, a ridurre i livelli di stress. Sembrerebbero meno importanti, invece, i benefit materiali, scelti soltanto dall’11% dei candidati.

Gli ultimi tre anni hanno modificato i desideri dei candidati

“Gli ultimi tre anni – aggiunge Marta Arcoria – hanno ridisegnato completamente i modelli organizzativi e modificato radicalmente i desideri dei candidati. Abbiamo visto come stipendio e benefit materiali non possano più essere sufficienti per trattenere un talento o per portarlo a bordo, ma dal nostro sondaggio appare evidente come il quadro sia, ancora una volta, cambiato: oggi sono indispensabili flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working perché, davvero, stare bene anche in ufficio è fondamentale”.
Sono i lavoratori più giovani a non voler assolutamente rinunciare allo smart working e alla flessibilità oraria, mentre chi ha maturato più esperienza punta soprattutto a benefit materiali, come l’auto aziendale e premi immediati, come i buoni shopping.

Benefit, una forte leva motivazionale… che non basta più

“A livello generale – continua Arcoria – i benefit rappresentano, in maniera sempre più marcata, una forte leva di motivazione dei dipendenti attuali e potenziali. Le aziende devono necessariamente tenere in considerazione il valore che questi fattori possono avere per le persone. Non dimentichiamo, infatti, che non è raro che un candidato prediliga, a parità di trattamento economico, un’azienda attenta al benessere dei propri collaboratori e che abbia valori in cui sia più facile rispecchiarsi. E il benessere si misura anche attraverso elementi che in molti casi vengono considerati secondari. Ma sulla felicità nessuno è più disposto a negoziare”.

Rischio cyber, 1 impresa su 7 ha subito attacchi

Il 67% delle imprese in Italia rileva un aumento di tentativi di attacco, il 61% ha aumentato il budget per la sicurezza informatica. Per questa ragione, la cybersecurity è la principale priorità di investimento nel digitale in Italia, anche grazie al volano del PNRR e alla guida dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale. Ma il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL è 0,10%, ancora lontano dagli altri Paesi del G7. Sono alcune delle evidenze contenute nell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano. 

Pericolo in continuo aumento

Gli attacchi informatici sono in continuo aumento, con 1.141 incidenti gravi rilevati dal Clusit nel solo primo semestre 2022, +8,4% rispetto allo stesso periodo 2021, e le minacce interessano sempre più anche infrastrutture critiche. In questo contesto, il 67% delle imprese rileva un aumento dei tentativi di attacco e il 14% ha subito conseguenze tangibili a seguito di incidenti informatici, come interruzioni del servizio, ritardi nell’operatività dei processi o danni reputazionali. Più in generale, a causa della turbolenza in atto, il 92% delle aziende riscontra impatti, positivi o negativi, direttamente riconducibili al contesto geopolitico, che spaziano da un maggiore interesse alla sicurezza da parte del Top Management fino a una necessità di riorganizzazione delle attività di gestione del rischio cyber.

Quanto investe l’Italia per la protezione informatica?

In Italia sta crescendo l’attenzione per la cybersecurity, che nel 2023 si conferma la principale priorità di investimento nel digitale tra le imprese, sia grandi che Pmi. Ben il 61% delle organizzazioni sopra i 250 addetti ha deciso di aumentare il budget per le attività di sicurezza informatica negli ultimi 12 mesi. E complessivamente nel 2022 il mercato italiano della cybersecurity raggiunge il valore di 1,86 miliardi di euro, con un’accelerazione eccezionale del +18% rispetto al 2021. Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL in Italia si attesta allo 0,10%, in lieve crescita rispetto allo 0,08% dell’anno precedente. Si tratta però di un risultato che colloca il nostro Paese all’ultimo posto tra quelli del G7. La classifica è guidata da Stati Uniti e Regno Unito, con un rapporto dello 0,31%. Per Francia e Germania il rapporto è, rispettivamente, lo 0,19% e lo 0,18%. 

Un mercato che vale 1.855 milioni di euro

Oggi il mercato della cybersecurity ha un valore di 1.855 milioni di euro, con una crescita del 18% nel 2022 rispetto l’anno precedente. L’incremento si deve alla ripresa degli investimenti delle organizzazioni e alla progressiva presa di coscienza sulle minacce. La crescita è sostenuta in buona parte dalle medie imprese, che iniziano a introdurre azioni concrete in materia di cybersicurezza.

Italia, l’economia tiene: schivata la recessione nel primo trimestre 2023

I dati di Confindustria relativi al primo trimestre 2023 sono confortanti. Secondo la principale associazione di rappresentanza delle imprese manifatturiere e di servizi del nostro paese, l’Italia eviterà la recessione anche nei primi tre mesi dell’anno. Fortunatamente, il Pil italiano va meglio di quanto stimato. Il prezzo dell’energia è sceso, quello dei metalli risale, ma c’è meno inflazione e quindi si intravede la svolta per i tassi. L’Italia si dimostra molto resiliente, con l’industria che migliora, anche se non le costruzioni, e i servizi in crescita. Tengono i consumi delle famiglie, gli investimenti sono in ripresa, ci sono più occupati ma anche più scarsità di manodopera. L’export è in frenata, tra un’Eurozona con una ripresa diseguale e gli USA in cui la crescita è senza industria.

Italia resiliente, nonostante tutto

Il nostro Paese pare dimostrare una capacità di resilienza sorprendente. Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023 (non prima di un altro paio di aumenti). La fiducia risale, i servizi restano in crescita sostenuti dalla tenuta dei consumi, mentre industria e investimenti reggono a fatica i maggiori costi di credito e commodity. Un’ulteriore buona notizia è che il prezzo del gas resta relativamente basso a febbraio (56 euro/mwh in media), ben sotto i livelli registrati in tutto il corso del 2022 (ma era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari). Anche i prezzi alimentari continuano a scendere (-1,2%).

L’inflazione rallenta

L’inflazione italiana continua a calare (+10,1% a gennaio, +11,8% a ottobre), grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici (+43,1%, da +71,1%); ma la dinamica al netto di energia e alimentari è in salita (+4,6% da +4,2%), per la trasmissione dei rincari passati (energia) agli altri beni.

Tengono i consumi, investimenti in ripresa

Le vendite al dettaglio (di beni) fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi (indice ICC). Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4).