Il 60% delle imprese in transizione verso la ESG: a che punto siamo?

Le imprese italiane che non hanno ancora avviato un percorso di transizione sostenibile e che mostrano un livello molto basso di adeguatezza ESG rappresentano solo il 8% del totale. Quasi il 60% ha iniziato a intraprendere i primi passi, ma con un livello medio e basso di adeguatezza ESG, mentre oltre il 30% si trova in uno stadio avanzato. Questo è uno dei principali risultati emersi dall’ESG Outlook di CRIF, che analizza lo stato delle questioni ambientali, sociali e di governance in Italia e fornisce una panoramica sulla posizione delle imprese italiane nel loro percorso verso la sostenibilità.

Esaminate 15.000 aziende italiane

CRIF ha selezionato un campione rappresentativo di circa 150.000 aziende italiane alla fine del 2022 e le ha analizzate utilizzando il proprio patrimonio informativo e analitico, offrendo così una prospettiva originale sulle sfide della sostenibilità. Un elemento chiave dell’analisi è lo score ESG, che sintetizza il livello di adeguatezza verso la sostenibilità di ciascuna azienda, considerando il settore di appartenenza e l’area geografica in cui si trova. Lo score ESG di CRIF riassume più di 150 indicatori relativi ai componenti ambientali (E), sociali (S) e di governance (G), raggruppati successivamente secondo le aree informative definite dalla normativa come fattori EBA.

Cosa dice lo Score

Lo score ESG di CRIF si distribuisce in classi che rappresentano il livello di adeguatezza verso i fattori ESG: da molto alto, che include le aziende migliori, a molto basso, che rappresenta le aziende peggiori. Dall’analisi emerge che quasi il 60% delle aziende italiane si attesta ancora a livelli medio-bassi di adeguatezza ESG, includendo anche settori che hanno appena iniziato la transizione verso la sostenibilità, mentre oltre il 30% si trova a uno stadio avanzato. In particolare, le aziende con un fatturato superiore a 10 milioni di euro sono più avanzate nel percorso di transizione verso un’economia più sostenibile, con una maggiore concentrazione nelle classi ad alta e molto alta adeguatezza ESG (39% rispetto al 33% delle imprese con fatturato inferiore). Le piccole e medie imprese (PMI), che non raggiungono i 10 milioni di euro di fatturato, rappresentano il segmento che ha maggiormente bisogno di supporto nella transizione sostenibile.

Il fattore ambientale

Tra i principali fattori ESG analizzati, che contribuiscono alla valutazione complessiva delle PMI verso la sostenibilità, c’è il fattore ambientale, che attualmente riceve maggiore attenzione anche dalle autorità di vigilanza. CRIF ha misurato il livello di adeguatezza nella gestione dei rischi ambientali attraverso lo Score Ambientale (Score E). L’analisi ha evidenziato una notevole eterogeneità tra le PMI italiane nelle diverse regioni e settori. Lombardia e Piemonte risultano le regioni migliori secondo lo score ambientale, con oltre il 60% delle aziende che si posiziona a un alto livello di adeguatezza. Tra i settori più performanti secondo lo score ci sono l’immobiliare e le attività ricreative.

L’impatto dei rischi fisici

Un altro fattore significativo analizzato dall’ESG Outlook di CRIF è l’impatto dei rischi fisici, che misura il potenziale impatto economico e finanziario derivante dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale. Ci sono due macrocategorie: rischi cronici, legati ai cambiamenti climatici in corso, e rischi acuti, come disastri naturali improvvisi. Il 5,9% delle PMI è a rischio fisico acuto alto o molto alto. Per quanto riguarda i rischi fisici cronici, il 16% delle imprese è molto esposto. 

Gli impatti finanziari

L’ESG Outlook ha anche sviluppato un modello proprietario per valutare gli impatti finanziari a lungo termine della transizione verso la sostenibilità. Questo modello tiene conto dei costi, dei ricavi e degli investimenti, offrendo una visione chiara dei possibili scenari futuri. I risultati mostrano una notevole variabilità dei costi della transizione verso un’economia sostenibile tra i diversi settori. I settori ad alta intensità energetica come l’estrazione mineraria, i trasporti, la chimica e la lavorazione dei prodotti metallici mostrano impatti significativi, con costi previsti che variano dal 3% all’8% del fatturato annuo. Impatti moderati, ma comunque rilevanti, si osservano nei settori della lavorazione di prodotti non metallici e della produzione e distribuzione di elettricità e gas, con costi che rappresentano circa il 2-3% del fatturato annuo. I settori dei servizi, delle attività immobiliari e del commercio mostrano un impatto marginale, inferiore all’0,5% annuo. In generale, si evidenzia una forte correlazione tra il livello attuale di intensità delle emissioni e l’impatto della transizione.