Con l’Internet of Things la casa sarà smart e su misura

Anche in vacanza, magari al mare sotto l’ombrellone, basta un clic sullo smartphone per aprire la porta di casa da remoto e accendere le luci. Magari per fare entrare l’idraulico che deve riparare un guasto all’impianto. E dopo la discussione tramite l’assistente vocale sul prezzo della prestazione, finestre e imposte si richiudono automaticamente. Soprattutto se le previsioni meteo danno un temporale in arrivo. Con l’Internet delle cose la casa del futuro è già realtà, e si può toccare con mano. I risultati del progetto Open Lab Smart Home, promosso dal laboratorio IoTLab del Politecnico di Milano, dimostra infatti che dispositivi ed elettrodomestici smart disponibili sul mercato possono imparare la “stessa lingua” per comunicare e interagire fra loro, rendendo l’abitazione intelligente e personalizzabile proprio come uno smartphone.

Un passo avanti rispetto ai sistemi domotici del passato

Il progetto Open Lab Smart Home è stato realizzato in collaborazione con i principali attori del mercato smart home, come Bticino, Epta, Ezviz, Gewiss, Signify, SoloMio, Beeta by Tera, Vimar e V by Vodafone. E i suoi risultati rappresentano un vero e proprio passo avanti rispetto ai sistemi domotici del passato. I vecchi sistemi di domotica, erano “chiusi e limitati nei servizi predeterminati dal produttore. Ora il paradigma è cambiato – spiega il responsabile di IoTLab Antonio Capone, professore ordinario di telecomunicazioni al Politecnico – il trend è costruire una casa intelligente usando componenti sviluppati anche da produttori diversi, ma integrati in un unico ecosistema cucito su misura in base alle esigenze dell’utente, come uno smartphone con tante app personalizzabili”.

Il telefonino non è più una semplice interfaccia, ma un sensore che attiva i dispositivi

D’altronde, lo stesso telefonino oramai non è più una semplice interfaccia per comandare i dispositivi, ma un sensore che permette di attivarli o disattivarli a distanza in maniera automatica, e senza dover agire attraverso il suo schermo touchscreen. Tramite cellulare si può ad esempio segnalare la nostra presenza entro un raggio di 500 metri dalla casa, e con una sorta di Google maps degli elettrodomestici, può accendere il climatizzatore o il riscaldamento a distanza per farci trovare la temperatura ideale al nostro arrivo.

“Se l’integrazione è forte, la casa è più protetta”

Il segreto della smart home sta nella creatività con cui si progetta l’intero sistema. I ricercatori del Politecnico lo hanno dimostrato sviluppando piattaforme software di integrazione e protocolli di comunicazione capaci di creare un sistema integrato, dove dispositivi ed elettrodomestici di produttori diversi riescono a comunicare direttamente fra loro via radio o wireless attraverso i server nel cloud. Oppure mediante interfacce evolute come gli assistenti vocali.

“Se l’integrazione è forte, la casa è più protetta dal rischio di intrusioni e attacchi informatici – aggiunge Antonio Capone – e avendo più operatori che gestiscono i dati, invece di un monopolista in posizione dominante, l’utente è anche più forte nel difendere la propria privacy”.