Perchè per i top manager italiani il cambiamento climatico è una priorità assoluta?

Per il 52% dei CxO italiani la necessità d’interventi rapidi e mirati per contrastare il cambiamento climatico è la questione più urgente da affrontare nel 2023, e il 63% ritiene che il cambiamento climatico nei prossimi tre anni impatterà su strategie e attività aziendali. Secondo il CxO sustainability report 2023 – accelerating the green transition, svolto da Deloitte tramite interviste ai CxO dei principali settori industriali di 24 Paesi, il cambiamento climatico è una priorità assoluta per le organizzazioni. Tanto da essere in cima all’agenda dei vertici aziendali italiani. A quanto emerge dall’indagine, presentata in occasione del World economic forum di Davos, le organizzazioni italiane stanno aumentando il proprio impegno, e rispetto alla media globale del 75%, 8 leader italiani su 10 hanno già accresciuto gli investimenti legati alla sostenibilità. 

“Essere parte attiva della transizione è una scelta ineludibile”

In Italia le imprese stanno affrontando la sfida del cambiamento climatico soprattutto con un maggiore utilizzo di materiali sostenibili (71% vs 59% globale) e l’adozione di tecnologie pulite (64% vs 54%).
“Essere parte attiva della transizione verso un’economia a basse emissioni rappresenta una scelta ineludibile, volta ad assicurare la continuità e la competitività delle imprese – sottolinea Stefano Pareglio, presidente di Deloitte climate & sustainability -: significa, in pratica, orientare l’evoluzione del modello di business in un’ottica di medio-lungo periodo. Dalla ricerca emerge come questa consapevolezza sia diffusa nei livelli apicali del management aziendale, anche più di quanto ci si potrebbe attendere”.

Manca il sostegno delle istituzioni

Per conseguire una trasformazione significativa sono necessarie anche altre azioni, quali lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi rispettosi dell’ambiente (66% vs 49% globale), la costituzione di un ecosistema di partner fondato su criteri di sostenibilità (61% vs 44%) e la realizzazione di interventi volti a rendere più sicure le strutture aziendali in caso di eventi climatici estremi (50% vs 43%).
Si registrano però alcune barriere che ostacolano la transizione ecologica. In particolare, costi elevati delle iniziative (25% vs 19%), focus ancora orientato al breve termine (21% vs 18%), e mancanza di sostegno da parte delle istituzioni (21% vs 12%).

I benefici finanziari dell’economia a basse emissioni

Diventare attori attivi nella transizione verso un’economia a basse emissioni può trasformarsi in un fattore competitivo importante e distintivo, in grado di garantire diversi benefici anche nel rapporto con i vari stakeholder. Secondo i CxO italiani, riporta Adnkronos, questa scelta consente di migliorare la riconoscibilità e la reputazione del proprio brand (70% vs 52%), il morale e il benessere dei dipendenti (54% vs 42%) e i ritorni per gli investitori (46% vs 31%). Meno considerati a livello nazionale e internazionale, i benefici di natura finanziaria di cui potrebbero avvantaggiarsi le imprese nel lungo periodo, soprattutto in termini di valore delle attività (21% vs 25%), di costo dell’investimento (14% vs 24%) o di ricavi (11% vs 23%).