Come creare un’immagine coordinata per un negozio

L’immagine coordinata di un negozio è un elemento fondamentale per il successo di una attività commerciale e dunque del business.

Se non sai di cosa stiamo parlando, l’immagine coordinata è l’insieme di elementi grafici, visivi e comunicativi che compongono l’identità del negozio, creando insieme una percezione univoca e riconoscibile del brand.

Nulla di complicato, non preoccuparti. Di seguito parleremo proprio di come creare un’immagine coordinata per un negozio,  descrivendo i vari passaggi in maniera semplice e chiara.

Passaggi per creare un’immagine coordinata

Creare un’immagine coordinata per un negozio richiede una pianificazione accurata, assieme ad  una buona dose di creatività.

Ecco alcuni dei passaggi necessari per crearne una veramente efficace:

  1. Analisi del brand: prima di procedere con la creazione di un’immagine coordinata, è importante analizzare il brand e la sua personalità. Questo aiuterà a definire gli elementi visivi come i colori e i materiali giusti, che possano rappresentare al meglio il marchio.
  2. Scelta dei colori: i colori sono un elemento fondamentale dell’immagine coordinata. Scegliere i colori giusti può fare la differenza tra una percezione positiva o negativa del brand. È importante scegliere i colori in base alla personalità del marchio e alle emozioni che si vogliono trasmettere ai clienti.
  3. Design del logo: il logo è uno dei principali elementi visivi dell’immagine coordinata. Il suo design deve essere semplice, riconoscibile e rappresentare al meglio l’azienda.
  4. Scegliere i materiali: i materiali utilizzati per l’arredamento e le decorazioni del negozio devono essere in linea con l’immagine coordinata. È importante scegliere materiali che durino nel tempo e che siano in grado di comunicare al meglio il valore del marchio.
  5. Definire le linee guida: definire delle linee guida cui attenersi per l’immagine coordinata aiuta a mantenere una linea di continuità in tutti gli elementi visivi e comunicativi del brand. Tali regole devono includere le istruzioni per l’uso dei colori, del logo e dei materiali.

Scegliere i colori e i materiali giusti

Scegliere i colori e i materiali giusti è fondamentale per creare un’immagine coordinata che sia veramente efficace. I colori devono essere scelti in base alla personalità del brand e alle emozioni che si vogliono trasmettere ai clienti.

Ad esempio, i colori caldi come il rosso e l’arancione possono creare un’atmosfera accogliente e amichevole, mentre i colori freddi come il blu e il verde possono creare un’atmosfera più professionale e rilassante.

Anche la scelta dei materiali è importante per l’immagine coordinata. I materiali devono essere scelti in base al messaggio che desideriamo trasmettere al pubblico e al tipo di prodotto venduto.

Ad esempio, se il brand vende prodotti di alta qualità, è importante utilizzare materiali di alta qualità come il legno massello o il vetro.

Se invece intendi dare del tuo negozio una immagine il più possibile “green” e sostenibile, scegliere degli ottimi mobili in cartone potrebbe essere la scelta vincente.

Gli elementi dell’immagine coordinata

L’immagine coordinata di un negozio è composta da diversi elementi visivi e comunicativi. Di seguito sono riportati i principali:

  • Logo: il logo è il simbolo del brand e deve essere riconoscibile e rappresentare al meglio il brand.
  • Colori: i colori utilizzati nel negozio devono essere in linea con la personalità del brand e trasmettere le emozioni giuste ai clienti.
  • Materiali: i materiali utilizzati per l’arredamento e le decorazioni del negozio devono essere in linea con l’idea del negozio e comunicare la storia e l’importanza del marchio.
  • Vetrina: la vetrina del negozio deve attirare l’attenzione dei clienti, presentando eventuali elementi che si rifanno al brand.
  • Packaging: il packaging dei prodotti deve richiamare l’immagine coordinata e dunque essere riconoscibile.

Conclusioni

Creare un’immagine coordinata per un negozio richiede certamente capacità di creative e attenzione ai dettagli, ma gli sforzi in questo campo vengono ripagati negli anni.

È importante partire sempre dall’analisi del brand per creare una percezione univoca e riconoscibile, che ne sia veramente rappresentativa, per aumentare la visibilità del negozio e creare un legame emotivo con i clienti.

Prestiti: la domanda cresce, ma gli importi medi richiesti sono più contenuti

Nel primo trimestre 2023 le richieste di prestiti aumentano del +7,2%, ma l’importo medio richiesto, nell’aggregato dei prestiti personali e finalizzati, si attesta a 8.596 euro (-0,2% rispetto al primo trimestre 2022), a conferma del fatto che le famiglie propendono per un credito rateale con importi più contenuti. Se si guarda al solo mese di marzo la contrazione dell’importo medio risulta invece più accentuata rispetto alla media del trimestre precedente (-1,1%). Tuttavia, si osserva una dinamica divergente per le diverse forme tecniche: i finalizzati si contraggono del -2,7% rispetto al corrispondente periodo del 2022, mentre continuano a galoppare a un ritmo a doppia cifra i prestiti personali (+23,7%). Emerge dall’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF sul credito alle famiglie italiane.

Un finanziamento su due presenta un importo inferiore a 5.000 euro

Per entrambe le forme tecniche si registra una generale contrazione dell’importo medio richiesto: nei primi 3 mesi dell’anno i prestiti finalizzati si attestano a 5.925 euro (-2,7%), mentre quelli personali toccano un valore medio di 12.092 euro (-5,6%). Quanto alla tipologia della domanda, un finanziamento su due presenta un importo inferiore a 5.000 euro (53,1% del totale), mentre un 34,7% richiede un prestito tra 5.000-20.000 euro, e solo il 12,2% di richiedenti supera i 20.000 euro.
A prevalere per le famiglie italiane è quindi la prudenza, con piccoli importi dilazionati nel tempo: il 27,5% sceglie di estinguere il finanziamento in 5 anni e il 20,6% nell’arco dei 25-36 mesi.

Boom di viaggi e spostamenti green

Se aggiungiamo la variabile età del richiedente, è la fascia 45-54 anni a risultare maggioritaria (23,9%), seguita dai 35-44 anni (21,0%) e sull’ultimo gradino del podio l’età compresa tra i 25-34 anni (19,7%). A trainare la ripresa sono le spese legate al tempo libero, con il settore viaggi passato da +302%, nel primo trimestre 2022 a una crescita del +26% nell’ultimo trimestre. Inoltre, i consumi delle famiglie cambiano e aumenta la sensibilità verso mezzi alternativi all’auto, infatti si sceglie di finanziare mezzi alternativi quali motociclette, biciclette e similari, ad esempio i monopattini, cresciuti del 25% dall’inizio del 2022 alla fine dell’anno. 

Cresce l’acquisto di polizze assicurative

Le famiglie aggiungono inoltre nel carrello della spesa le polizze assicurative, la cui propensione all’acquisto è cresciuta nel corso dei mesi fino a raggiungere un +19% nell’ultimo trimestre 2022.
Continua invece ad arrancare il settore automotive, che soffre la difficoltà nel reperire le materie prime mettendo in crisi l’intera supply chain del comparto. Ne risentono pertanto i finanziamenti verso le auto nuove, che oscillano da un -22% nel primo trimestre 2022 fino a risalire, seppur ancora in un territorio negativo, a un -2,2% nel quarto trimestre dell’anno scorso.

Usa, i dipendenti passano 200 ore sui dispositivi aziendali a fare… “altro”

Secondo una recente indagine condotta da ExpressVPN, i dipendenti americani stanno sprecando centinaia di ore lavorative ogni anno utilizzando i loro dispositivi di lavoro per attività personali. L’indagine ha coinvolto 2.000 dipendenti che lavorano da remoto e in modalità ibrida nel Regno Unito e negli Stati Uniti per scoprire come utilizzano i dispositivi di lavoro per le attività personali. La ricerca ha rilevato che oltre due terzi dei lavoratori statunitensi hanno ammesso di utilizzare il computer di lavoro per controllare le email personali, svolgere attività personali generali come leggere le notizie o cercare informazioni online, fare acquisti online e navigare sui social media. Tuttavia, alcune attività sono meno banali, come guardare film hard su un dispositivo di lavoro o accedere al dark web.

Gli uomini utilizzano più delle donne i dispositivi di lavoro per attività extra

L’indagine ha anche evidenziato che gli uomini sono più inclini a utilizzare i dispositivi di lavoro per attività personali rispetto alle donne. Inoltre, il 84% dei dipendenti che hanno ammesso di aver utilizzato il computer di lavoro per navigare nel dark web è stato contattato dal proprio datore di lavoro. L’83% è stato contattato per aver guardato film porno e l’81% per aver giocato d’azzardo online. La ripercussione più comune è stata una formazione sull’uso appropriato dei dispositivi di lavoro, che il 28% ha ricevuto dal proprio datore di lavoro. Il 25% ha ricevuto un ammonimento verbale.

Un dato preoccupante

“È preoccupante la quantità di tempo che gli americani dedicano ad attività personali durante l’orario di lavoro, soprattutto se utilizzano i loro dispositivi di lavoro per queste attività. Questo non riguarda solo la produttività, ma può influire negativamente sui livelli di rischio per la privacy e la sicurezza dell’azienda”, ha commentato Lauren Hendry Parsons, portavoce di ExpressVPN e difenditrice della privacy. “Se non si vuole bloccare l’accesso a internet su tutti i dispositivi di lavoro o ricorrere a una sorveglianza sgradita e demoralizzante, non è realistico impedire ai dipendenti di utilizzare i dispositivi di lavoro per attività personali. Al contrario, i dirigenti devono assicurarsi di fornire ai dipendenti una solida formazione in materia di sicurezza, aiutandoli a comprendere i rischi che si corrono e a evitare attacchi di phishing. I dipendenti devono sapere che l’uso che fanno dei dispositivi aziendali sarà in qualche modo visibile all’azienda, quindi prima di passare un po’ di tempo personale con un dispositivo di lavoro è bene pensarci due volte”.

Flessibilità, benessere e smart working le nuove priorità al lavoro

I classici benefit materiali, come auto aziendale, smartphone o buoni pasto, oggi non sono più la priorità per i lavoratori. Ora, a fare davvero la differenza sono flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working. In pratica, i lavoratori italiani oggi chiedono felicità.
Dal sondaggio condotto da Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato, tra oltre 1.500 candidati, emerge infatti un quadro molto chiaro.
“Non dobbiamo cadere nell’errore – precisa Marta Arcoria, Hr manager di Hunters Group – di pensare che parlare di felicità al lavoro sia fuori luogo. Tralasciando i vari job title evocativi o quelle che potremmo definire mode passeggere, il concetto di felicità, inteso, ovviamente, in senso ampio, è molto importante per tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo, dalla tipologia di azienda o dagli anni di esperienza”.

Vincono gli elementi che contribuiscono a migliorare il benessere

Il 47% dei lavoratori italiani preferisce la flessibilità oraria e lo smart working, per avere così la possibilità di poter bilanciare, nel modo migliore possibile, vita professionale e vita privata. Il 42% dei candidati, invece, preferisce un ambiente di lavoro sereno e la possibilità di crescita professionale.
Si tratta di elementi, che in un modo o nell’altro, possono contribuire a migliorare il benessere dei lavoratori, e di conseguenza, a ridurre i livelli di stress. Sembrerebbero meno importanti, invece, i benefit materiali, scelti soltanto dall’11% dei candidati.

Gli ultimi tre anni hanno modificato i desideri dei candidati

“Gli ultimi tre anni – aggiunge Marta Arcoria – hanno ridisegnato completamente i modelli organizzativi e modificato radicalmente i desideri dei candidati. Abbiamo visto come stipendio e benefit materiali non possano più essere sufficienti per trattenere un talento o per portarlo a bordo, ma dal nostro sondaggio appare evidente come il quadro sia, ancora una volta, cambiato: oggi sono indispensabili flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working perché, davvero, stare bene anche in ufficio è fondamentale”.
Sono i lavoratori più giovani a non voler assolutamente rinunciare allo smart working e alla flessibilità oraria, mentre chi ha maturato più esperienza punta soprattutto a benefit materiali, come l’auto aziendale e premi immediati, come i buoni shopping.

Benefit, una forte leva motivazionale… che non basta più

“A livello generale – continua Arcoria – i benefit rappresentano, in maniera sempre più marcata, una forte leva di motivazione dei dipendenti attuali e potenziali. Le aziende devono necessariamente tenere in considerazione il valore che questi fattori possono avere per le persone. Non dimentichiamo, infatti, che non è raro che un candidato prediliga, a parità di trattamento economico, un’azienda attenta al benessere dei propri collaboratori e che abbia valori in cui sia più facile rispecchiarsi. E il benessere si misura anche attraverso elementi che in molti casi vengono considerati secondari. Ma sulla felicità nessuno è più disposto a negoziare”.

Rischio cyber, 1 impresa su 7 ha subito attacchi

Il 67% delle imprese in Italia rileva un aumento di tentativi di attacco, il 61% ha aumentato il budget per la sicurezza informatica. Per questa ragione, la cybersecurity è la principale priorità di investimento nel digitale in Italia, anche grazie al volano del PNRR e alla guida dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale. Ma il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL è 0,10%, ancora lontano dagli altri Paesi del G7. Sono alcune delle evidenze contenute nell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano. 

Pericolo in continuo aumento

Gli attacchi informatici sono in continuo aumento, con 1.141 incidenti gravi rilevati dal Clusit nel solo primo semestre 2022, +8,4% rispetto allo stesso periodo 2021, e le minacce interessano sempre più anche infrastrutture critiche. In questo contesto, il 67% delle imprese rileva un aumento dei tentativi di attacco e il 14% ha subito conseguenze tangibili a seguito di incidenti informatici, come interruzioni del servizio, ritardi nell’operatività dei processi o danni reputazionali. Più in generale, a causa della turbolenza in atto, il 92% delle aziende riscontra impatti, positivi o negativi, direttamente riconducibili al contesto geopolitico, che spaziano da un maggiore interesse alla sicurezza da parte del Top Management fino a una necessità di riorganizzazione delle attività di gestione del rischio cyber.

Quanto investe l’Italia per la protezione informatica?

In Italia sta crescendo l’attenzione per la cybersecurity, che nel 2023 si conferma la principale priorità di investimento nel digitale tra le imprese, sia grandi che Pmi. Ben il 61% delle organizzazioni sopra i 250 addetti ha deciso di aumentare il budget per le attività di sicurezza informatica negli ultimi 12 mesi. E complessivamente nel 2022 il mercato italiano della cybersecurity raggiunge il valore di 1,86 miliardi di euro, con un’accelerazione eccezionale del +18% rispetto al 2021. Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL in Italia si attesta allo 0,10%, in lieve crescita rispetto allo 0,08% dell’anno precedente. Si tratta però di un risultato che colloca il nostro Paese all’ultimo posto tra quelli del G7. La classifica è guidata da Stati Uniti e Regno Unito, con un rapporto dello 0,31%. Per Francia e Germania il rapporto è, rispettivamente, lo 0,19% e lo 0,18%. 

Un mercato che vale 1.855 milioni di euro

Oggi il mercato della cybersecurity ha un valore di 1.855 milioni di euro, con una crescita del 18% nel 2022 rispetto l’anno precedente. L’incremento si deve alla ripresa degli investimenti delle organizzazioni e alla progressiva presa di coscienza sulle minacce. La crescita è sostenuta in buona parte dalle medie imprese, che iniziano a introdurre azioni concrete in materia di cybersicurezza.

Italia, l’economia tiene: schivata la recessione nel primo trimestre 2023

I dati di Confindustria relativi al primo trimestre 2023 sono confortanti. Secondo la principale associazione di rappresentanza delle imprese manifatturiere e di servizi del nostro paese, l’Italia eviterà la recessione anche nei primi tre mesi dell’anno. Fortunatamente, il Pil italiano va meglio di quanto stimato. Il prezzo dell’energia è sceso, quello dei metalli risale, ma c’è meno inflazione e quindi si intravede la svolta per i tassi. L’Italia si dimostra molto resiliente, con l’industria che migliora, anche se non le costruzioni, e i servizi in crescita. Tengono i consumi delle famiglie, gli investimenti sono in ripresa, ci sono più occupati ma anche più scarsità di manodopera. L’export è in frenata, tra un’Eurozona con una ripresa diseguale e gli USA in cui la crescita è senza industria.

Italia resiliente, nonostante tutto

Il nostro Paese pare dimostrare una capacità di resilienza sorprendente. Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi entro il 2023 (non prima di un altro paio di aumenti). La fiducia risale, i servizi restano in crescita sostenuti dalla tenuta dei consumi, mentre industria e investimenti reggono a fatica i maggiori costi di credito e commodity. Un’ulteriore buona notizia è che il prezzo del gas resta relativamente basso a febbraio (56 euro/mwh in media), ben sotto i livelli registrati in tutto il corso del 2022 (ma era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari). Anche i prezzi alimentari continuano a scendere (-1,2%).

L’inflazione rallenta

L’inflazione italiana continua a calare (+10,1% a gennaio, +11,8% a ottobre), grazie alla minor variazione annua dei prezzi energetici (+43,1%, da +71,1%); ma la dinamica al netto di energia e alimentari è in salita (+4,6% da +4,2%), per la trasmissione dei rincari passati (energia) agli altri beni.

Tengono i consumi, investimenti in ripresa

Le vendite al dettaglio (di beni) fiacche nel 4° trimestre 2022 (+0,4% in valore, -1,8% in volume) confermano decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione; la spesa delle famiglie si è spostata ancor più verso i discount. Cresce invece la spesa per servizi (indice ICC). Per gli investimenti, lo scenario è migliorato a inizio 2023: le aspettative delle imprese sulla domanda sono tornate positive (+10,4 sul 1° trimestre il saldo delle risposte, -4,8 per fine 2022); e cresce la quota di aziende che prevede un aumento degli investimenti nei primi sei mesi (20,0 da 14,4).

L’Italia è contactless, e i pagamenti senza contatto sono in aumento

Considerando la totalità dei pagamenti digitali i pagamenti in cui vengono utilizzate carte o app contactless costituiscono il 78,1%, + 9% rispetto al 2021. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Pagamenti Contactless 2023 di SumUp dal 2020 il trend dei pagamenti senza contatto non si è mai arrestato, e nel 2022 vede una nuova crescita in tutto il Paese. Una crescita che indica la predisposizione di commercianti ed esercenti verso pagamenti contactless con carte, smartphone e smartwatch, perché consentono di pagare più velocemente e snellire le operazioni di cassa. Ma oltre alla diffusione sempre maggiore dei device un altro elemento di incentivo è l’aumento della soglia a 50 euro per i pagamenti contactless senza pin, effettivo dal 1° gennaio 2021 e confermato nel 2022.

Ristorazione e vendita al dettaglio i più predisposti

Nel 2022 una maggiore predisposizione per il contactless riguarda gli esercenti legati alla ristorazione e alla vendita al dettaglio. Le percentuali più alte di pagamenti contactless si registrano in bar e club, dove l’84,6% dei pagamenti avviene con carta, seguiti da edicole (82,7%), supermercati, alimentari, panifici, pasticcerie (82,4%), caffè e ristoranti (81,8%). Meno coinvolti dal trend del contactless sono hotel e strutture ricettive, dove la percentuale di pagamenti resta la più bassa (55%).  A registrare la crescita dei pagamenti contactless più importante rispetto all’anno precedente sono nuovi settori, con in testa servizi legali e agenti immobiliari (+17%), seguiti da medici e dentisti (+15%), veterinari (+14%), estetisti, parrucchieri e barbieri (+13%). 

Sud e Isole: cresce l’uso di carte, smartphone e smartwatch

A crescere nel 2022 in merito al contactless sono tutte le province italiane, anche se nell’uso della tecnologia senza contatto nel campo dei pagamenti con carte, smartphone e smartwatch spiccano soprattutto le province del Sud Italia e delle Isole. In testa Ragusa, con l’81,5% dei pagamenti contactless, seguita da Reggio Calabria (81%), e Caserta (80,9%).  Quanto alle province che registrano la crescita più alta nell’uso del contactless in testa alla classifica si trovano le province del Nord Italia. Al primo posto Vicenza, con una crescita del +20% rispetto al 2021, seguita da Verona (+18%), e a pari merito, le province di Modena, Bolzano e Asti (+17%). 

Lo scontrino medio diminuisce anno su anno

In Italia lo scontrino medio contactless tende a diminuire anno su anno a partire dal 2019, dimostrando come consumatori e commercianti siano sempre più disposti ad affidare anche cifre piccole alle transazioni contactless. Nel 2022 il valore medio dello scontrino contactless è di 35,2 euro, in progressiva diminuzione dai 44,9 euro del 2019. Gli esercenti che registrano gli scontrini medi più bassi sono bar e club (circa 14 euro), confermando come sia ormai abitudine diffusa pagare con smartphone o smartwatch anche il caffè al bancone.  Tra gli scontrini più piccoli, anche quelli di tabaccherie (19,2 euro), edicole (20,5 euro), food truck e fast food (20,7 euro), a riprova che le transazioni contactless non solo richiedono molto meno tempo rispetto al pagamento in contanti, ma risultano anche più comode. 

Ambienti di lavoro, 1 azienda su 3 li vuole trasformare

Un’azienda su tre vuole trasformare i propri spazi di lavoro, allo scopo di renderli più modulari e adatti alle nuove esigenze. Obiettivo finale, vincere in flessibilità e soprattutto assicurare ai lavoratori un miglior contesto professionale e una maggiore qualità della vita lavorativa. E’ questo un trend registrato anche da Sodexo, multinazionale francese leader nei servizi di ristorazione, che ha fatto una disamina del fenomeno.

Come è mutato nel tempo il concetto di lavoro 

“Il concetto di lavoro è mutato progressivamente nel tempo” spiega Stefano Biaggi, Presidente e AD di Sodexo Italia. “Si è passati dal vivere per lavorare al lavorare per vivere, ben rappresentato dagli anni ‘80 e ’90. Oggi la nuova frontiera è il lavorare per cambiare: andare a lavorare per cambiare noi stessi e cambiare il mondo in meglio. È in questo nuovo scenario che Sodexo ha deciso di annunciare Vital Spaces, la nuova proposta di valore per le aziende che vogliono intraprendere questo percorso di sperimentazione e innovazione. Sodexo è un’azienda di servizi a valore aggiunto: il servizio di ristorazione, storicamente il nostro core business, oggi incide per il 70% del fatturato mentre gli altri servizi Soft & Hard FM, che portano un valore all’esperienza del dipendente in azienda tramite la gestione e la cura degli spazi, pesano per il 30%”. Conclude l’AD: “La nostra previsione è quella di una crescita nei servizi FM (Facilities Management) che porteranno nel prossimo triennio ad una suddivisione del fatturato rispettivamente al 60% per il servizio di ristorazione e al 40% per gli altri servizi”. 

Cambia il modo in cui si utilizzano gli spazi

“Il ruolo dei servizi si sta trasformando perché sta cambiando il modo in cui si utilizzano gli spazi – spiegano i ricercatori interpellati da Sodexo Italia Carmelo di Bartolo, Docente di Creatività e Progettazione Iulm e di Ergonomia Cognitiva Unisob, Gianandrea Ciaramella Architetto e professore associato del Politecnico e l’esperto di smartworking di Workitect Luca Brusamolino -. Gli spazi degli uffici sono sempre più spesso oggetto di una trasformazione che comporta una loro riduzione o rimodulazione per un impatto più sostenibile dell’impresa nell’ambiente. Sono spazi sempre più flessibili e polifunzionali perché le medesime aree devono essere destinate ad accogliere diversi tipi di attività durante la giornata o diverse tipologie di lavoro: di gruppo o individuale. Sono spazi che devono permettere l’incontro delle persone, indispensabile per favorire la creatività e il senso di appartenenza all’azienda. Il lavoro da remoto, infatti non è parimenti efficace quando è necessario stimolare la creatività e l’attaccamento all’azienda”. 

Far star bene le persone

“Quello che le aziende stanno sperimentando sono soluzioni e servizi per far vivere bene le persone in spazi gradevoli e facili da usare” aggiungono gli esperti. “Soluzioni che permettano di avere a disposizione aree di dimensioni e con caratteristiche adatte agli obiettivi dell’attività dei lavoratori: una postazione individuale insonorizzata o un ambiente ampio dove riunirsi o ancora una sala dove lavorare senza distrazioni. Ancora, aree per dare prestigio all’azienda e messe a disposizione dei collaboratori così da valorizzarli e farli sentire strategici”.

Perchè per i top manager italiani il cambiamento climatico è una priorità assoluta?

Per il 52% dei CxO italiani la necessità d’interventi rapidi e mirati per contrastare il cambiamento climatico è la questione più urgente da affrontare nel 2023, e il 63% ritiene che il cambiamento climatico nei prossimi tre anni impatterà su strategie e attività aziendali. Secondo il CxO sustainability report 2023 – accelerating the green transition, svolto da Deloitte tramite interviste ai CxO dei principali settori industriali di 24 Paesi, il cambiamento climatico è una priorità assoluta per le organizzazioni. Tanto da essere in cima all’agenda dei vertici aziendali italiani. A quanto emerge dall’indagine, presentata in occasione del World economic forum di Davos, le organizzazioni italiane stanno aumentando il proprio impegno, e rispetto alla media globale del 75%, 8 leader italiani su 10 hanno già accresciuto gli investimenti legati alla sostenibilità. 

“Essere parte attiva della transizione è una scelta ineludibile”

In Italia le imprese stanno affrontando la sfida del cambiamento climatico soprattutto con un maggiore utilizzo di materiali sostenibili (71% vs 59% globale) e l’adozione di tecnologie pulite (64% vs 54%).
“Essere parte attiva della transizione verso un’economia a basse emissioni rappresenta una scelta ineludibile, volta ad assicurare la continuità e la competitività delle imprese – sottolinea Stefano Pareglio, presidente di Deloitte climate & sustainability -: significa, in pratica, orientare l’evoluzione del modello di business in un’ottica di medio-lungo periodo. Dalla ricerca emerge come questa consapevolezza sia diffusa nei livelli apicali del management aziendale, anche più di quanto ci si potrebbe attendere”.

Manca il sostegno delle istituzioni

Per conseguire una trasformazione significativa sono necessarie anche altre azioni, quali lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi rispettosi dell’ambiente (66% vs 49% globale), la costituzione di un ecosistema di partner fondato su criteri di sostenibilità (61% vs 44%) e la realizzazione di interventi volti a rendere più sicure le strutture aziendali in caso di eventi climatici estremi (50% vs 43%).
Si registrano però alcune barriere che ostacolano la transizione ecologica. In particolare, costi elevati delle iniziative (25% vs 19%), focus ancora orientato al breve termine (21% vs 18%), e mancanza di sostegno da parte delle istituzioni (21% vs 12%).

I benefici finanziari dell’economia a basse emissioni

Diventare attori attivi nella transizione verso un’economia a basse emissioni può trasformarsi in un fattore competitivo importante e distintivo, in grado di garantire diversi benefici anche nel rapporto con i vari stakeholder. Secondo i CxO italiani, riporta Adnkronos, questa scelta consente di migliorare la riconoscibilità e la reputazione del proprio brand (70% vs 52%), il morale e il benessere dei dipendenti (54% vs 42%) e i ritorni per gli investitori (46% vs 31%). Meno considerati a livello nazionale e internazionale, i benefici di natura finanziaria di cui potrebbero avvantaggiarsi le imprese nel lungo periodo, soprattutto in termini di valore delle attività (21% vs 25%), di costo dell’investimento (14% vs 24%) o di ricavi (11% vs 23%).

I consigli del vivere sano non hanno base scientifica

Molti dei tanti e storici consigli sulla salute sono solo luoghi comuni, che vanno demistificati se non confutati. Un esempio? La prima colazione non è il pasto più importante della giornata, dipende dall’orario in cui la si fa, da cosa e quanto si mangia.
‘Dovresti fare 10.000 passi al giorno’: in questo caso, si scopre che quando è apparso per la prima volta negli anni ’60 il numero “non era basato su alcun aspetto scientifico”, scrive il Guardian, ma potrebbe valere solo come buon consiglio. “I rendimenti decrescenti entrano in gioco intorno ai 10.000, ma fin lì, fai di più se puoi, un po’ più velocemente se possibile”.

Dormire almeno 8 ore e consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno?

Il sonno è individuale, il tempo dipende dalle esigenze personali di ciascuno, dalle abitudini, e dalla routine. La raccomandazione di ‘dormire almeno 8 ore’ è un buon consiglio, ma anche in qualche modo arbitraria. Molti studi hanno poi scoperto che se consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno è associato a un miglioramento della salute, ci sono anche prove che possano essere utili fino a 10 porzioni giornaliere. In linea generale, coloro che consumano più frutta e verdura hanno minori rischi di declino cognitivo, demenza e diabete, meno stress, e maggiore è la varietà, meglio è. Verdure a foglia verde scuro e crucifere (broccoli, cavoletti di Bruxelles e cavoli) sono alcune delle verdure più dense dal punto di vista nutrizionale.

Bere due litri di acqua al giorno?

Rimanere idratati è importante, ma la raccomandazione di bere due litri di acqua al giorno, sebbene ragionevole, non si basa su dati scientifici. Una quantità adeguata d’acqua per gli adulti è di 2,5 litri, ma la maggior parte di questa quantità si trova nei cibi che vengono preparati. La vecchia raccomandazione di bere un bicchiere di vino ogni sera si basa invece sull’evidenza che le persone classificate come ‘bevitori moderati’ (circa 1-2 bicchieri al giorno) sembrano mostrare un rischio inferiore per alcune malattie. Tuttavia, uno studio su 36.000 adulti ha rilevato che anche uno o due drink al giorno potrebbero ridurre le possibilità di un invecchiamento sano e ridurre le dimensioni del cervello. 

La carne rossa fa male?

La carne rossa viene spesso sconsigliata perché contiene molti grassi saturi, e diversi studi hanno mostrato un’associazione tra la maggiore assunzione di carne rossa e l’aumentato rischio di cancro alla prostata e malattie cardiache. Ora è opinione diffusa che le associazioni tra carne rossa e rischio di malattia possano essere confuse, perché molti studi non distinguono tra l’assunzione di carni rosse lavorate (bacon, salsicce, hamburger e salumi) e non trasformate. Diversi recenti studi, riporta AGI,  hanno invece stabilito che mangiare carne rossa non trasformata potrebbe non aumentare questi rischi, specie cardiaci. E le principali organizzazioni sanitarie raccomandano di continuare a mangiare carne rossa non trasformata.